Recensione del cd Francesco Cusa & The Assassins "The Beauty and The Grace" per JAZZIT - il:2013-05-04
Recensione del cd Francesco Cusa & The Assassins "The Beauty and The Grace" per Musica Jazz - il:2013-04-09
Mia intervista per Tele Acicastello su Novelle Crudeli - il:2013-04-08
Recensione LAVIKA WEBMAGAZINE: La “Cultura” di Francesco Cusa chiude la rassegna letteraria “A cena con l’autore” - il:2013-04-04
La “Cultura” di Francesco Cusa chiude la rassegna letteraria “A cena con l’autore”
4 APRILE 2013 di LAVIKA WEBMAGAZINE in BOOKS, BREAKING
“Novelle crudeli” racconta con cinismo, spietatezza e quel tanto d’inquietudine, vicende della vita quotidiana che portano con sé terrore e angoscia. Non parliamo di horror, ma di quella paura che strizza tanto l’occhio a novellisti ottocenteschi come Edgar Allan Poe. Ovviamente, il tutto è ambientato in chiave moderna e senza eccessiva fantasia
La rassegna letteraria “A cena con l’autore – I mercoledì letterari a L’oste scuro”, ideata e costantemente moderata dal filosofo-scrittore catanese Salvatore Massimo Fazio, non poteva chiudersi nel migliore dei modi. Già, perchè, tra i meravigliosi piatti dello chef del noto ristorante acese “L’oste scuro”, l’ospite della serata, Francesco Cusa, batterista, compositore e scrittore, è riuscito a dare il meglio di sé nello sviscerare appieno il suo lavoro “Novelle crudeli”, non senza un tocco d’ironia che non guasta mai. Catanese di nascita, castellese di residenza, ma bolognese per lavoro, coglie al volo ogni occasione per ritornare nella sua terra, e quando lo fa, arriva sempre al meglio, nella pienezza della sua forma.
Ispirate a storie e personaggi veri (molto spesso suoi amici), “Novelle crudeli” racconta con cinismo, spietatezza e quel tanto d’inquietudine, vicende della vita quotidiana che portano con sé terrore e angoscia. Non parliamo di horror, ma di quella paura che strizza tanto l’occhio a novellisti ottocenteschi come Edgar Allan Poe. Ovviamente, il tutto è ambientato in chiave moderna e senza eccessiva fantasia.
Un lavoro che va sicuramente appannaggio della categoria “Libri da leggere assolutamente”, visto che nella sua stesura e nel suo assemblamento risulta dotto ma piacevole e originale quanto basta.
A moderare la serata, oltre allo stesso Fazio, Andrea Pennisi, fondatore e direttore della rivista cartacea e telematica “Lapis” insieme a Francesca Pettinato, nota giornalista di ambito nazionale.
Tra i quattro si crea un connubio ed un’intesa perfetta, tanto che il pubblico viene coinvolto in più di un’occasione per trovare risposta a domande che nascono spontanee al fluire delle appassionanti conversazioni che spesso, partendo dalle elucubrazioni sulle “Novelle crudeli” arrivano a toccare temi di vita fondamentali ed esistenziali.
Sul finire della serata, Cusa ha annunciato che le sue “Novelle crudeli” avranno un seguito. Ne uscirà un secondo volume a prestissimo, e molte saranno annunciate, scritte per intero o solo in parte sulla rivista “Lapis”.
Poi, come Platone insegna, il lungo simposio tra arte e gusto che è stata tutta la rassegna “A cena con l’autore” si è conclusa con momenti felici tra scoppi di risate e scrosci di applausi. A noi rimane un piccolo magone perchè adesso, in attesa di qualche altra diavoleria faziana, non potremmo più sentirci parte di un appuntamento settimanale di Cultura con la “C” maiuscola.
Naked Musicians a Modena- Affari Italiani - il:2013-03-27
EMILIAROMAGNAITALIA
Cultura/Eventi
Francesco Cusa insegna
Martedì, 26 marzo 2013 - 10:27:00
di Luca Lanzoni
Martedì 26 marzo
Francesco Cusa lezione e concerto al Teatro delle Passioni, viale Carlo Sigonio 382 Modena.
Questa sera al Teatro delle Passioni il batterista e compositore Francesco Cusa terrà una lezione, alle ore 18, dopo di che, alle 21,15, dirigerà gli AdM Soundscape e alcuni ragazzi non musicisti, allievi di Istituti superiori cittadini, in un progetto che dimostrerà come anche i non professionisti possono suonare, eseguire, creare musica da soli o insieme a musicisti professionisti.
Francesco Cusa, batterista e compositore, ha suonato tra gli altri con Paolo Fresu, Tino Tracanna, Attilio Zanchi, Marco Micheli, Bruno Tommaso, Larry Smith, Walter Schmocker, Lauro Rossi, Gianni Gebbia, Fabrizio Puglisi, Cristina Zavalloni, Butch Morris, Jon Rose, Michel Godard, Kenny Wheeler, Roy Paci, Elliot Sharp, Giorgio Conte, Fred Giuliani, Gianluca Petrella, Claudio Lugo, Marco Cappelli, John Tilbury, Gianni Lenoci, Jan Willem Van Der Ham, Ernst-Ludwig Petrowsky, Michael Occhipinti, Gabriele Mirabassi, le danzatrici Cinzia Scordia e Florence La Porte, l’artista visivo Fred Gautnier, il collettivo di scrittori Wu Ming e lo scrittore Andrea Inglese.
Co-fondatore del collettivo bolognese Bassesfere è attualmente impegnato con il progetto artistico di killeraggio comunicativo “Improvvisatore Involontario”.
Attivo nell’ambito dell’interdisciplinarietà artistica, ha realizzato numerosi lavori di creazione e sonorizzazione di musiche per film, teatrali, letterari, di danza e arti visive, collaborando con noti ballerini, poeti e visual performers.
È leader del trio “The Assassins”, del collettivo “Naked Musicians” (aperto a tutti gli strumentisti e senza limiti di competenza e preparazione specifica, è stato realizzato in varie parti d’Europa), del progetto di sonorizzazione dei film di Buster Keaton e muti d’inizio secolo denominato “Solomovie”, ed assieme ad Emiliano Cinquerrui degli “Earth Wind& Frankenstein”.
Da alcuni anni alterna la professione del musicista a quella dello scrittore di novelle e di critico cinematografico per la rivista “Lapis”.
Gli AdM Soundscape sono: Giulia Baracani (flauti), Cosimo Linoci (clarinetti), Luca Piovesan (fisarmonica), Simone Di Benedetto (contrabbasso), Flavio Virzì (chitarra), Simone Beneventi (percussioni).
Inoltre si esibiranno gli studenti dell’Istituto Superiore d’Arte “A. Venturi”, dell’Istituto Tecnico Industriale “E. Fermi” di Modena e del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia: Marta Ravanetti, Beatrice Bergamini, Alice Fugazzaro, Beatrice De Paoli, Giulia Gobbi, Federica Tuzza, Martina Lodi, Massimo Bortolotti, Chiara Venturelli, Luca Montorsi, Veronica Rungi.
Recensione di Tan T'ien: "The Fourth Door" - il:2013-03-24
IL FATICOSO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI SE STESSI: “THE FOURTH DOOR”
Jazz
di Ferdinando D'Urso // pubblicato il 24 Febbraio, 2013
Il termine Tan T’Ien indica nella medicina tradizionale cinese tre punti del corpo umano – situati al centro della testa, all’altezza dello sterno e sul basso addome - nei quali risiede l’energia stessa che assicura il funzionamento dell’organismo.
Nel nostro caso invece indica tre musicisti - Luca Dell’Anna, Ivo Barbieri e Francesco Cusa – che hanno dato vita ad un viaggio musicale nelle dinamiche dell’Io durante la meditazione: The Fourth Door.
Pubblicata da Improvvisatore Involontario nel gennaio 2013, questa fatica discografica presenta dodici brani la cui successione rappresenta il percorso di immersione verso strati più profondi della coscienza. Di una coscienza alquanto agitata deve però trattarsi quella esplorata da Tan T’Ien: il disco è molto denso, quasi privo di spazi, di respiri; i musicisti suonano molto bene ma sempre e sempre tutti.
L’idea della ripetizione circolare, fondamentale nelle pratiche meditative, è applicata con puntualità attraverso ipnotici e onirici loop che occhieggiano al rock, come in Imposition Of Self o – più chiaramente – nella quasi psichedelica Manifestations Of Matter I (The Gross Layer).
Francesco Cusa alla batteria è un motore sempre in movimento che fa da propulsore al trio; i suoi interventi molto complessi scompongono il tempo mostrando la maestria e l’esuberanza di questo musicista. Gli stessi interventi però rischiano al contempo di appesantire le composizioni, lasciando davvero poco respiro tanto agli altri membri del trio quanto agli ascoltatori.
Overcoming Spite comincia con uno “swing interruptus” che sparisce inghiottito da uno sviluppo molto carico che si dirada nel finale. Più marcatamente shuffle – sebbene ampiamente rivisitato – è la parte centrale di The First Door (Breath): finito l’assolo di contrabbasso, risalito in superficie da un magma sonoro, ci si lancia in uno swing marciante che si straccia nel finale con un’interessante frattura ritmica.
Unconscious Material presenta un fitto dialogo tessuto dai tre artisti: suoni in apparenza disordinati si rincorrono riempiendo lo spazio fino ad arrivare ad un inaspettato momento di serenità finale.
Fra i membri di Tan T’Ien il pianista Luca Dell’Anna è quello che mantiene un linguaggio più propriamente jazz nei fraseggi lunghi; soprattutto quando si siede al Fender Rhodes distribuisce con veemenza schizzi sonori spesso distorti e aggressivi. In Manifestations Of Matter III (The Causal Layer) Dell’Anna utilizza le risorse meno scontate del suo strumento bloccando con il palmo della mano la cordiera del pianoforte; la composizione è costruita su una cascata di suoni che creano un senso di inquietudine crescente, un inseguimento sostenuto dal contrabbasso incalzante di Ivo Barbieri che - per il resto di The Fourth Door - suona invece interventi più puntinistici, sincopati e ricchi di blues che ricordano a tratti Mingus.
Nonostante la chiara esperienza dei membri del trio il viaggio nella scoperta del Sé procede però in maniera faticosa, densa, fitta, oberata come dimostra Illusion Of Contingency. L’ascoltatore di The Fourth Door è stordito, inibito, spinto in un angolo e trova respiro solo in Manifestations Of Matter II (The Subtle Layer) che si prospetta come una meritata pausa.
Recensione di Francesco Cusa & The Assassins per Kathodik - il:2013-03-07
The Assassins 'The Beauty And The Grace'
(Improvvisatore Involontario 2012)
Sferraglia che è una bellezza, questo nuovo trio di casa Improvvisatore Involontario.
Otto composizioni a firma Francesco Cusa (batteria), che si dipanano lungo un percorso, notturno/frenetico/nevrotico.
Molto figlio di questi tempi bastardi.
In modalità polemico/impertinente, con l'organo Hammond di Luca Dell'Anna a crepitar, fra cigolamenti articolari alla Zio Tibia ed esagitate scorribande funk.
La tromba e l'elettronica di Flavio Zanuttini e l'ospite (in tre brani), Piero Bittolo Bon (sax), a diffonder esalazioni a maggior tasso jazz.
Riuscita connessione fra scrittura e spazi improvvisativi.
Pallidi riflessi settanta, secche e ciondolanti scansioni, riff appiccicosi e fratturazioni ritmiche.
Ci si rilassa poco da queste parti.
Fra tese strutture, occhio uno alla tradizione, occhio due alla contemporaneità.
Picchia, ghigna, un poco sbanda in curva.
Il fare, al momento, meglio del dire (il veleno testuale interno al cd, al momento, appunto, è solo veleno).
Aggiunto: March 3rd 2013
Recensore: Marco Carcasi
Voto:
Link Correlati: Improvvisatore Involontario Records Home Page
Hits: 45
Lingua: italian
Intervista mia e di Flavio Zanuttini per Controradio Firenze, a cura di Enrico Romero. - il:2013-03-07
Intervista a Francesco Cusa a cura di Michela Tognetti - il:2013-02-27
Parole intorno al Jazz
Vulcanico come la sua terra, eclettico, paladino del collettivo. L'intervista a Francesco Cusa
Pisa - 26/02/2013
3
Doppio appuntamento questa settimana per Jazz Wide Young 2013, la rassegna che fino ad aprile propone giovani compositori, nuove sonorità, tradizione e avanguardia a confronto. Mercoledì 27 febbraio alle 21,45 all'Ex-Wide di via Franceschi è di scena Francesco Cusa & The Assassins, con Francesco Cusa drums, Flavio Zanuttini tromba, Luca dell'Anna hammond piano (il programma della serata e il programma completo della rassegna)
Francesco Cusa, eclettico e vulcanico batterista catanese, una discografica vastissima, come altrettanto vasta è la lista dei nomi prestigiosi del jazz con i quali ha suonato, è anche autore di racconti ("Novelle Crudeli" il suo ultimo lavoro è uscito nel 2012 per Eris), e di musiche per film, teatro e arti visive.
Co-fondatore del collettivo bolognese Bassesfere è attualmente impegnato con il progetto artistico di killeraggio comunicativo "Improvvisatore Involontario".
E' leader del F. Cusa ”Skrunch" (Vocal and Electric), del trio "The Assassins", del collettivo "Naked Musicians", del progetto di sonorizzazione dei film di Buster Keaton e muti d'inizio secolo denominato Solomovie, ed assieme ad Emiliano Cinquerrui degli Earth Wind & Frankenstein.
E' co-leader dei progetti: Skinshout! (Gaia Mattiuzzi/F.Cusa), Jaruzelski's Dream, Try Trio (NIcola Fazzini/Gabriele Evangelista/F.Cusa), The Body Hammer, Switters (Gebbia/Vasi/Cusa), Mansarda, War Duo (Marcello Di Lorenzo/F.Cusa), Ezekiel 25:17 (with Dean Bowman and Danilo Gallo) .
"The Grace and The Beauty" è il suo ultimo lavoro con il progetto "The Assassins" uscito per Improvvisatore Involontario nel 2012
Ho letto in un’intervista che da giovane eri un metallaro convinto. Cosa è rimasto di “metallico” nel cuore?
Sicuramente è rimasto qualcosa nella musica e nelle composizioni che scrivo di quel mondo del metal e dell’hardrock, entra nei miei progetti, e soprattutto nell'ultimo dove è evidente questa influenza degli anni gloriosi.
Senti ma.. il “mantra del jazzista sfigato” è stato definitivamente abbandonato o è stato sostituito da un altro “inno vedico”?
Non mi appartiene. Il jazzista è un animale strano che vive in maniera autoreferenziale, che pensa che il cosmo sia il suo universo, e che ha rapporti quasi esclusivamente con il suo strumento o con cibo. Quando ruoti attorno a questo micro-universo, che il pubblico o detesta o ama, che non ha più il lato romantico per antonomasia derivante dalla musica colta, risulti abbastanza ridicolo. La mancanza di attenzioni porta ad un processo regressivo che confina il jazzista medio in ambito pre-edipico
Autore di racconti, è uscito nel 2012 il libro “Novelle crudeli” per Eris. I peggiori casi umani applicato alla musica?
Torniamo alla cosa di prima. Molti dei protagonisti dei miei racconti sono musicisti, con tanto di nome (vero) e cognome (camuffato), amici in carne ed ossa. Ho cominciato a scrivere racconti basandomi sulle persone fisiche, descrivendoli nelle loro caratteristiche, e, in 2 pagine, facendogli subire una fine orribile se non direttamente la morte. Da li molti amici musicisti mi hanno chiesto di scrivere storie su di loro. Un esorcismo della vita, perché, anche se imbarazzante, si mette a nudo un aspetto personale molto forte, se non addirittura paradossale. Ma la realtà a volte è peggio della fantasia. A volte sono stato fin troppo buono. Nel secondo libro, che uscirà il prossimo anno, mi sono distaccato dal soggetto "musicista" per andare su personaggi un po’ più interessanti, tipo Gesù e Berlusconi.
Documentandomi su musicisti e progetti ho notato che girano sempre tante parole. Non trovi che sia un uso eccessivo?
Nel mio caso no, in generale è possibile. C’è questa insopportabile maniera, come nelle rassegne che abbinano jazz con il cibo, che la dice tutta sulla natura delle operazioni.
In una intervista hai detto che ci dovrebbe essere secondo te uno sdoganamento dei musicisti ormai famosi a favore delle nuove generazioni. Pensi che ci sia posto per tutti? O che lo spazio espressivo musicale sia comunque non espandibile?
Il problema è che non esiste un mercato del jazz, ma è stato creato a arte. Ci sono personaggi, gli organizzatori, che decidono che a costi minori si può realizzare una rassegna o un festival. Oggi con un decimo del budget che avevano a disposizione qualche anno fa, comprano il pacchetto e pensano di fare cultura. Sono pure operazioni di marketing, tu investi in un personaggio, che passa dal limbo alla notorietà. Non c’è posto per tutti. Dietro alla parola jazz si nascondono troppe cose. Io farei fatica a definirmi jazzista, è uno slogan, una parola che anche Mingus ha rifiutato. Il pubblico oscilla tra vecchie cariatidi e giovani che sono più ancora più vecchi delle cariatidi stesse. Il pubblico più interessante è quello trasversale, quello curioso che non si limita ad un’etichetta.
Da quanto esiste il collettivo “Improvvisatore Involontario”? Ma essendo appunto un collettivo, fatto di tante teste, tante idee ma anche tante direzioni possibili, quanto è duro tenerlo in piedi?
Esiste da quasi 10 anni. Durissimo, è una sfida devastante riuscire in qualche modo a portare avanti questo movimento aperto, aperto non solo ai musicisti ma anche agli amanti della musica ed altri artisti. Un microcosmo che rispecchia esattamente quello che accade fuori, c’è chi vuole emergere subito e chi predilige la qualità, senza contare che lottiamo contro un sistema in assoluta mancanza di finanziamenti.
In un'intervista di Lorenza Cattadori ti riferisci alla scena jazz italiana, formata a tuo avviso da artisti impegnati, più che nel progetto collettivo della bellezza di fare musica, in una sorta di difesa delle piccole miserie quotidiane. Te la sentiresti di assumere il ruolo di paladino dei musici nei confronti delle istituzioni? E pensi che gli stessi musici siano così uniti da coalizzarsi per una giusta causa?
È il dramma di questo disagio culturale in cui versa questa categoria fatta di jazzisti, che esercitano il mestiere della prostituzione, un disagio nel quale tutto gira molto più velocemente rispetto alle altre categorie. Il musicista vive questa specie di delirio di onnipotenza, e questo si manifesta nelle organizzazioni. Negli altri paesi i musicisti jazz si sono uniti e hanno vinto importanti battaglie. In Italia, tolto il lavoro dei collettivi, la situazione è abbastanza ridicola, tutta frammentata, e il rapporto con le istituzioni è nelle mani di pochi kapò che, insieme a pochi artisti, decidono e gestiscono l’oligarchia per il jazz nostrano facendolo passare per chissacchè. Tutto il resto del sottobosco rimane confinato ai margini.
Ti sei cimentato in sperimentazioni di altre forme artistiche. C’è un punto di fusione perfetta?
Si, lo si raggiunge come nella musica, una forma di sinestesia che a volte può esserci, come con la danza o con i pittori. È la famosa “cosa magica” che si crea quando c’è un incontro tra teste e progetti. Dipende sostanzialmente dai soggetti in campo e dai progetti.
Oggi il jazz è pieno di sperimentazioni che creano movimenti che si distaccano molto dalle forme originali. Si potrebbe coniare un’altra parola che sta a significare questa nuova forma musicale?
No perché il jazz è sempre stata una musica di contaminazioni, una sorta di spugna che assorbe le varie culture, le estetiche, i cambiamenti, bruciando nell’arco di nemmeno un secolo ciò che in altre epoche ha impiegato molti secoli.
Michela Tognetti
Recensione di Francesco Cusa & The Assassins "The Beauty and The Grace" per "Il Giornale della Musica" - il:2013-02-15
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