Miano & Cusa: Travels on the cusp of a needle - "Percorsi musicali" - il:2024-03-17
https://www.percorsimusicali.eu/2024/02/23/miano-cusa-travels-on-the-cusp-of-a-needle/?fbclid=IwAR2nuyzEr3XUIj3-rSKWBu1Vbozv8LslA5I09OnYMZ3uklmauSXE6HBcZyQ
L’improvvisazione porta con sé sempre dei venti creativi. Nel passato qualcuno ha parlato di ‘liberazione’ del tempo, qualcosa che è in grado di mettere in luce le possibilità espressive dei musicisti in ogni momento. Da questo punto di vista è innegabile come siano importanti le idee, gli spunti eccentrici o le soluzioni adottate, tutti elementi che contribuiscono in misura variabile a definire uno spazio dell’espressione.
Tonino Miano e Francesco Cusa sono due artisti capaci di procurarsi superfici musicali a cui non manca nulla per piacere. Travels on the cusp of a needle, la loro recentissima pubblicazione in digitale sotto la denominazione The Box, fa di tutto per rifiutare una linearità espressiva che stavolta si basa su un incontro tra plurime tastiere e batteria: l’immediato punto di partenza per la definizione della loro musica va cercato probabilmente nell’intervallo temporale in cui i musicisti del jazz cominciarono ad usare i synth e diedero libero sfogo alle psicosi ritmiche senza pianificazioni idiomatiche; le improvvisazioni di Travels on the cusp of a needle hanno un traino apparente (ma solo in prima istanza) nei territori di Davis, Corea o Bley dei sessanta (la lista di coloro che hanno usato sintetizzatori e tastiere elettroniche nell’improvvisazione è davvero lunghissima), che arricchirono la loro espressione musicale con i prototipi analogici disponibili del tempo, nell’ambito di un approfondimento inusuale dei parametri musicali che stava coinvolgendo tutto il mondo musicale; poi, sul jungle sound di Davis è nata tanta dance music chiamata intelligente, così come le perifrasi di Corea alle tastiere hanno creato un’area compositiva di particolar pregio e interesse per fusioni e istinti orchestrali; ma senza dover riprendere tutta la storia, si può affermare che lo sfruttamento di tastiere elettroniche o di set percussivi beyond the drumset è stato copioso, pluridirezionale anche dal punto di vista compositivo, lasciando però intatta l’essenza primordiale, lo stimolo musicale imitativo che si è stampato nella memoria ricorrente dei musicisti.
Nei 7 brani che compongono i ‘viaggi’ di Miano e Cusa c’è dunque una personale espressione che segue un filo musicale logico: nelle note di copertina i due parlano di una pluralità di direzioni (acid jazz, ambient in piccole dosi, riferimenti a texture orchestrali, nonché un istinto puntillinistico ma decostruttivo delle forme) che mai si perdono in idiomi e sono il risultato di una strana congiunzione che nasconde da qualche parte in vitro una sostanza distopica. Ricerca delle estremità e utopie al negativo sono probabilmente i drivers di questa esperienza di Miano e Cusa, rispettivamente raggiunti da una parte con suoni ricercati sulle tastiere (le cuspidi di cui parla la titolazione) e dall’altra con una violazione sistematica dell’umore (per Cusa, i riferimenti orwelliani o ad Huxley non sono certo una novità).
Dopo aver ascoltato il lavoro, ho umilmente chiesto lumi a Miano sul tipo di tastiere utilizzate e ho compreso ancor meglio le dinamiche delle improvvisazioni portate a termine dai due musicisti; Miano si divide tra suoni al Korg wavestate, al Yamaha mx88, al Waldorf Blofeld, all’ASM Hydrasynth e usa una tastiera Arturia keystep collegata a dei software accessibili tramite personal computer (le applicazioni moderne e integrate dei moog con le qualità ed espansioni di Animoog Z e il Ruismaker Noir), il tutto senza sovraincisioni e assecondando i movimenti e i respiri dell’improvvisazione.
Vorrei anche sottolineare lo stile artistico della copertina dell’album che mi riporta alla mente le impaginazioni delle riviste cartacee: potrebbe essere una ‘simulazione’ di una copertina di uno dei tanti periodici che si trovano in giro nelle edicole, un riquadro laterale in alto a sinistra e uno in basso che riportano da una parte le informazioni di testata e dall’altra l’argomento principale trattato; poi la foto sfalsata dei due musicisti nel senso prospettico. E’ un messaggio politico quello che si vuol far passare con Travels on the cusp of a needle? Tutto congiura a favore di questa ipotesi (che qui tralascio), dall’uso del rosso per riempire i caratteri delle parole fino all’oscurità che fa da contrasto all’espressione accigliata di Miano. Invito i lettori a prendere visione delle capacità extramusicali di Miano, in particolare dei suoi dipinti astratti (vedi qui), configurazioni che mostrano un’incredibile capacità emotiva subito al primo impatto visivo e che insinuano un interesse fortissimo verso lo studio delle linee e delle densità, un movimento sublime per gli occhi che regala osmosi, proprio quello che Travels on the cusp of a needle vuole donarvi.
L’improvvisazione porta con sé sempre dei venti creativi. Nel passato qualcuno ha parlato di ‘liberazione’ del tempo, qualcosa che è in grado di mettere in luce le possibilità espressive dei musicisti in ogni momento. Da questo punto di vista è innegabile come siano importanti le idee, gli spunti eccentrici o le soluzioni adottate, tutti elementi che contribuiscono in misura variabile a definire uno spazio dell’espressione.
Tonino Miano e Francesco Cusa sono due artisti capaci di procurarsi superfici musicali a cui non manca nulla per piacere. Travels on the cusp of a needle, la loro recentissima pubblicazione in digitale sotto la denominazione The Box, fa di tutto per rifiutare una linearità espressiva che stavolta si basa su un incontro tra plurime tastiere e batteria: l’immediato punto di partenza per la definizione della loro musica va cercato probabilmente nell’intervallo temporale in cui i musicisti del jazz cominciarono ad usare i synth e diedero libero sfogo alle psicosi ritmiche senza pianificazioni idiomatiche; le improvvisazioni di Travels on the cusp of a needle hanno un traino apparente (ma solo in prima istanza) nei territori di Davis, Corea o Bley dei sessanta (la lista di coloro che hanno usato sintetizzatori e tastiere elettroniche nell’improvvisazione è davvero lunghissima), che arricchirono la loro espressione musicale con i prototipi analogici disponibili del tempo, nell’ambito di un approfondimento inusuale dei parametri musicali che stava coinvolgendo tutto il mondo musicale; poi, sul jungle sound di Davis è nata tanta dance music chiamata intelligente, così come le perifrasi di Corea alle tastiere hanno creato un’area compositiva di particolar pregio e interesse per fusioni e istinti orchestrali; ma senza dover riprendere tutta la storia, si può affermare che lo sfruttamento di tastiere elettroniche o di set percussivi beyond the drumset è stato copioso, pluridirezionale anche dal punto di vista compositivo, lasciando però intatta l’essenza primordiale, lo stimolo musicale imitativo che si è stampato nella memoria ricorrente dei musicisti.
Nei 7 brani che compongono i ‘viaggi’ di Miano e Cusa c’è dunque una personale espressione che segue un filo musicale logico: nelle note di copertina i due parlano di una pluralità di direzioni (acid jazz, ambient in piccole dosi, riferimenti a texture orchestrali, nonché un istinto puntillinistico ma decostruttivo delle forme) che mai si perdono in idiomi e sono il risultato di una strana congiunzione che nasconde da qualche parte in vitro una sostanza distopica. Ricerca delle estremità e utopie al negativo sono probabilmente i drivers di questa esperienza di Miano e Cusa, rispettivamente raggiunti da una parte con suoni ricercati sulle tastiere (le cuspidi di cui parla la titolazione) e dall’altra con una violazione sistematica dell’umore (per Cusa, i riferimenti orwelliani o ad Huxley non sono certo una novità).
Dopo aver ascoltato il lavoro, ho umilmente chiesto lumi a Miano sul tipo di tastiere utilizzate e ho compreso ancor meglio le dinamiche delle improvvisazioni portate a termine dai due musicisti; Miano si divide tra suoni al Korg wavestate, al Yamaha mx88, al Waldorf Blofeld, all’ASM Hydrasynth e usa una tastiera Arturia keystep collegata a dei software accessibili tramite personal computer (le applicazioni moderne e integrate dei moog con le qualità ed espansioni di Animoog Z e il Ruismaker Noir), il tutto senza sovraincisioni e assecondando i movimenti e i respiri dell’improvvisazione.
Vorrei anche sottolineare lo stile artistico della copertina dell’album che mi riporta alla mente le impaginazioni delle riviste cartacee: potrebbe essere una ‘simulazione’ di una copertina di uno dei tanti periodici che si trovano in giro nelle edicole, un riquadro laterale in alto a sinistra e uno in basso che riportano da una parte le informazioni di testata e dall’altra l’argomento principale trattato; poi la foto sfalsata dei due musicisti nel senso prospettico. E’ un messaggio politico quello che si vuol far passare con Travels on the cusp of a needle? Tutto congiura a favore di questa ipotesi (che qui tralascio), dall’uso del rosso per riempire i caratteri delle parole fino all’oscurità che fa da contrasto all’espressione accigliata di Miano. Invito i lettori a prendere visione delle capacità extramusicali di Miano, in particolare dei suoi dipinti astratti (vedi qui), configurazioni che mostrano un’incredibile capacità emotiva subito al primo impatto visivo e che insinuano un interesse fortissimo verso lo studio delle linee e delle densità, un movimento sublime per gli occhi che regala osmosi, proprio quello che Travels on the cusp of a needle vuole donarvi.
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