Recensione di "Racconti Molesti" per "Lankenauta". - il:2017-11-20
“La musica ha sette lettere, la scrittura venticinque note” è uno dei più celebri aforismi di Joseph Joubert, spesso utilizzato per raffigurare i rapporti tra musica e letteratura. Una citazione che probabilmente non avrebbe sfigurato neppure nella quarta di copertina di “Racconti molesti”, l’ultima opera di Francesco Cusa; e non perché i personaggi e le vicende presenti nel libro abbiamo un’esplicita attinenza con qualche argomento musicale. Chi semmai ha molto a che vedere con la musica è proprio l’autore, jazzista di fama, batterista, compositore, esponente di quello che è stato definito “free jazz”. Ed infatti rubacchiando da wikipedia possiamo leggere: “Come indica il nome [ndr: il frre jazz] si tratta di un tipo di musica libera, completamente al di fuori degli schemi: uno dei limiti estremi raggiunti negli anni è stata la partitura per quintetto che prevedeva la libera improvvisazione contemporanea, di tutti gli strumenti secondo l’estro del momento. I caratteri di novità di questo stile rispetto ai precedenti consistono nella frammentazione e irregolarità del ritmo e della metrica, nell’atonalità che può arrivare fino al rumorismo, nell’assorbimento di tradizioni musicali provenienti da ogni parte del mondo (tanto che può essere considerato un antenato della World Music) e soprattutto nella tensione, intesa come intensità e liricità, che talvolta assume caratteri orgiastici e liberatori”. Se poi leggiamo una recente intervista di Cusa rilasciata alla storica rivista “Musica Jazz”, nella quale si afferma che “il rapporto tra scrittura ed esecuzione, tra direzione e scritto narrativo, come tra concerto e cd, va sempre più assottigliandosi”, allora non sarà campato in aria ricondurre il “molesto” del titolo all’approccio creativo del nostro musicista-scrittore. Il “marcio della società italiana”, la “catarsi compulsiva”, la rappresentazione di “vizi e tabù culturali” da parte di un “feticista della morbosità e dell’inettitudine patologica”, compresa la ricerca linguistica presente nella raccolta di racconti, non possono essere apprezzati senza mettere in conto quell’ironia e quel gaudente cinismo – parole proprio di Cusa – che il nostro autore intende proporre anche in sede concertistica.
“Cattiverie”, sarcasmi a fiumi e situazioni patologiche che non sembrano seguire affatto una logica prestabilita, tra racconti che, per numero di pagine, si possono definire tali, ed altri che potremmo assimilare a dei microracconti caratterizzati, non soltanto da una sintesi estrema, ma anche da humor nero, intensità espressiva, abbondanza di paratassi che si accompagna a periodi quasi sovrabbondanti di aggettivi. Approccio quindi molto “free” – ricordiamoci del musicista jazz – che viene confessato fin dalla prima pagina, in una sorta di micro-prefazione: “Questa idea dello stile, dell’omogeneità della narrazione, come se la vita fosse quest’ordine, questa sistematicità; orbene, questa storia della coerenza stilistica in una raccolta di racconti, mi indispone oltre misura” (pp.5). Pagine nelle quali si colgono, con risultati disuguali, intenti chiaramente provocatori: rappresentare le abitudini e le apparenti virtù dell’italiano medio con uno sguardo demolitore che si alimenta per lo più di divertito cinismo e dissacrazione. Diciamo “per lo più” perché è probabile che il lettore, di primo acchito, possa cogliere più facilmente le “molestie”, e perciò i velenosi sarcasmi dell’autore, in pagine come “il gatto con gli stivali”, oppure “Il mostro”, “Io al centro commerciale”, “Io a Oslo”: “Oslo. Ore due e dieci della notte. Noi quattro terroni siamo degli sfigati. La Natura si manifesta nella sua peculiare crudeltà. Ciò che stiamo vedendo è reale? Parrebbe di si. Un esercito di Valchirie ubriache e quattro hobbit” (pp. 83). Molto espliciti, ad esempio, con le visioni antropofaghe e volutamente nauseanti di “Secretion market”, oppure in “Io e il kebab di Mustafà”: “L’intero mondo si nutre di guano” (pp.95). Tratti decisamente più enigmatici, orrorifici, futuristici, onirici e caratterizzati da dosi massicce di surrealismo quelli presenti in “La strega”, “Sepolta viva”, “I tanti volti di Ingrid”. Le illustrazioni di Daniele La Placa, tra teschi in contesto casalingo, quarti di carne con volti umani e umani senza volto, completano al meglio queste pagine dedicate ad un campionario multiforme di disagi mentali e sociali.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Francesco Cusa, è nato a Catania nel 1966. È batterista e compositore jazz di fama internazionale. Attivo nell’ambito dell’interdisciplinarietà artistica, ha realizzato numerosi lavori di creazione di musiche per film, spettacoli teatrali e letterari, danza e arti visive, collaborando con ballerini, poeti e visual performers. Alterna la carriera da musicista a quella di scrittore e critico cinematografico. Collabora con le riviste Lapis e Cultura commestibile su cui cura la rubrica “Il cattivissimo”. Novelle Crudeli. Dall’orrore e dal grottesco quotidiani è la sua prima raccolta di racconti edita da Eris edizioni nel 2014.
Francesco Cusa, “Racconti molesti”, Eris (collana “Atropo – Narrativa”), Torino 2017, pp. 224. Illustrato da Daniele La Placa.
Luca Menichetti. Lankenauta, novembre 2017
Recensione di "Racconti Molesti" per "Leggendo a Bari". - il:2017-11-20
Racconti Molesti – Francesco Cusa
11 AGOSTO 2017 | POLLYY91
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Racconti Molesti di Francesco Cusa è decisamente un libro particolare. Devo ammettere che sono rimasta titubante e incerta quando l’ho avuto per la prima volta tra le mani, per via della copertina e delle illustrazioni molto forti e inusuali. Quella che a prima vista sembrava essere una raccolta di racconti horror, si è rivelata essere tutt’altro.
Racconti Molesti si compone di 41 racconti di varie dimensioni: si passa da quelli brevissimi di un paio di pagine ad altri decisamente più lunghi. I racconti sono divisi in diversi gruppi a seconda dell’argomento trattato: si parla di esseri sovrannaturali, si tratta il tema dell’amore, si parla di donne o ancora di “luoghi, spazi e zone“.
La maggior parte dei racconti è narrata in prima persona. I protagonisti sono di solito ritratti in svariate scene di vita quotidiana durante le quali il lettore viene invitato ad assistere alle loro azioni e ai loro pensieri che, senza freni e senza regole sociali, si abbattono inclementi sulla realtà. Le osservazioni dei protagonisti sono irriverenti, crude e sembrano emergere dall’io più profondo che non teme le convenzioni e il ben pensare comune. A turbare maggiormente però è ben altro: durante la lettura il lettore è portato ad ipotizzare che in alcune situazione il suo agire non è molto diverso da quello dei protagonisti dei racconti e che le realtà grigie e tediose raccontate non sono poi così inverosimili. Spesso qualche pensiero “molesto” forse è stato fatto anche da lui.
Alcuni racconti sono inoltre accompagnati dalle superbe illustrazioni di Daniele La Placa, che non si limitano a rappresentare solo il racconto, ma ne sono parte integrante e contribuiscono ad aumentare quel senso di disturbo che nasce dalla lettura.
In conclusione posso dire che questo libro è riuscito a “molestarmi”, a farmi vacillare e a farmi perdere l’equilibrio, facendomi precipitare in mondi diversi o conturbanti, che non sono altro che i mille volti del mondo che tutti i giorni ci circonda. Il mio consiglio è quello di provare a farsi inghiottire da queste pagine ed osare, senza temere di farsi “molestare” dai pensieri e dalle azioni dei personaggi disturbanti di Francesco Cusa.
Scheda del libro
Editore: Eris
Pagine: 209
Prezzo 12,00 euro
The Assassins a "jazz Flirt" (2017) - il:2017-11-12
Francesco Cusa interpreta pag. 31 del *T r a t t a r T r e a t i s e* di Cornelius Cardew - il:2017-10-19
https://vimeo.com/238943136
Recensione di "Wet Cats" pere Sound Contest a cura di Olindo Fortino - il:2017-10-12
GIANNI LENOCI & FRANCESCO CUSA We Cats
Amirani Records, 2017
Voto: 8/10
Ultimissimo titolo Amirani pubblicato in catalogo (siamo al numero 52), “We Cats” sancisce l’incontro al vertice tra Gianni Lenoci (piano, anche preparato, e flauto in legno) e Francesco Cusa (batteria). Il musicista pugliese e quello siciliano hanno in verità background piuttosto dissimili ma in questa registrazione effettuata in studio a Monopoli si concedono l’uno all’altro al meglio delle loro capacità, conseguendo in modo facile ed esemplare un risultato finale degno di applausi. Qui il loro dialogo prende forma in un unico brano improvvisato per cinquantuno minuti di musica avvincente e proteiforme. La coppia parte in sordina, in modo circospetto, attendendo una scintilla creativa che non tarda ad arrivare. Cusa stuzzica nervosamente i piatti mentre Lenoci agisce tra tastiera e cordiera. Dopo il sesto minuto i due sono già a bordo, nella cabina di comando di un aeroplano che lentamente decolla tra accordi pieni, acciaccature, sfregamenti, note percussive e sbattimenti ritmici. Raggiunta una certa quota il volo resta orizzontalmente sospeso nel vuoto, cullato da una lieve inerzia microtonale. D’improvviso, al quindicesimo minuto, si affronta una moderata perturbazione atmosferica generata dal frenetico sovrapporsi timbrico e ritmico dei rispettivi strumenti. Un paio di minuti dopo torna la quiete. L’atmosfera è tersa, neoclassicamente rarefatta. Arriva quindi un pindarico crescendo di piano accompagnato da un intenso rollio percussivo. Il velivolo prende velocità ma segue una rotta folle e irregolare, rischiando a tratti di precipitare. I due piloti se ne accorgono e riprendono il controllo sui tempi pressanti di moderne variazioni impro-jazz. Dopo il trentesimo minuto spengono inspiegabilmente i motori, facendo vibrare il suono con labili rintocchi. Il viaggio riprende su motivi prima ripetitivi e poi istericamente sconnessi. La tastiera di Lenoci arde note su note, la batteria di Cusa accelera la loro combustione. Al quarantacinquesimo la conversazione diventa concitata, il velivolo risale in quota un’ultima volta. Il viaggio però volge al termine, la meta è all’orizzonte. Si plana e atterra dolcemente, cullati dall’infantile e impercettibile soffio del flauto. File under: impro aerodinamica.
Elio Gimbo mi ha regalato una delle più dotte e penetranti esegesi del mio libro "Racconti Molesti". - il:2017-10-02
Più la sua vita è infame, più l'uomo ce l'ha a cuore; essa diventa allora una protesta, ogni suo istante una vendetta.
A questa semplice e rivoluzionaria frase di Honoré de Balzac sembrano ispirarsi i personaggi di “Racconti molesti” di Francesco Cusa; essi sembrano cercare una libertà “maledetta”.
D'altronde il tema della libertà il Cusa scrittore lo pone prima di tutto a se stesso fin dalla premessa della raccolta: Questa idea dello stile, dell'omogeneità della narrazione, come se la vita fosse poi quest'ordine...Questa storia della coerenza stilistica...mi indispone oltre misura...
Libertà stilistica da porre fin da subito come un guanto di sfida al lettore ma che risuona come una preghiera interiore dello scrittore a se stesso per proteggersi dal conformismo e dalla convenzionalità minacciosa del mainstream contemporaneo; è anche la stessa sfida interiore che James Joyce si diede all'alba del '900 con la stesura del suo “Ulisse”; 18 capitoli con 18 tecniche, stili, linguaggi diverse, una Summa storiografica delle variazioni nel corso del tempo della lingua e della letteratura inglese; ma non sono gli esiti del progetto che avvicinano Francesco a Joyce, bensì la sua illimitata fiducia nel potere del linguaggio e della letteratura, con le parole niente è incomunicabile o indescrivibile, è ciò che si pensa leggendo il primo dei racconti: “Dio”.
Tutta la prima parte della raccolta gode di questo eclettismo in cui Francesco eccelle facendo onore alle origini della propria biografia intellettuale: il DAMS di Bologna anni '80, uno dei migliori cuori pulsanti della cultura italiana recente.
La prima parte - molto legata alle atmosfere del precedente “Novelle crudeli” - ci regala racconti molto gratificanti alla lettura per il dosaggio di fantasia, lirismo, ritmo; si passa da “Il Mostro” - dove un vecchio guarda all'orizzonte l'approssimarsi della fine del proprio tempo sulla terra facendolo coincidere con l' orizzonte degli eventi dell'uomo – a “Roulette russa” dove, con una variabilità espressiva che comprende persino il carattere tipografico, abbiamo un narratore ed un ascoltatore legati da un reciproco tormento tutto insito nell'oggetto della storia narrata, e che rispecchia, rovesciati, i rispettivi ruoli sociali di cliente e barista; in “In compagnia di Plick” c'è un uomo, Pontormo, nome di un celebre pittore manierista toscano, reagisce ai terribili lutti familiari che lo devastano addomesticando nella casa ormai vuota un ragno, Plick, la cui morte, accolta con fatalismo dal protagonista, sembra dirci come la libertà pura coincida inevitabilmente con la solitudine ma come questa inesorabilmente finisca per impoverirci; in “I tre Santi del binario” i protagonisti sono invece tre barboni in una stazione ferroviaria trasfigurati in tre profeti veterotestamentari.
In questa prima sezione Francesco sembra inseguire le infinite metamorfosi della realtà ordinaria in “sacro”, ossia in ciò che nella sensibilità dell'artista risulta “separato”.
La raccolta prosegue poi con altre sezioni più apparentemente biografiche in cui i racconti si occupano di ironici confronti fra l'io interiore del narrante e aspetti bizzarri del reale legati soprattutto alle relazioni sociali, gli esiti sono spesso spassosi e alludono ad un'evoluzione visibile della scrittura di Francesco, ad un allargamento ulteriore dei propri orizzonti verso un intimismo contagioso; questa evoluzione appare più chiara nell'ultima sezione, “I tanti volti di Ingrid”, qui l'autore sembra virare decisamente verso una prossima futuribile sua forma-romanzo, i toni apocalittici e l'uso della fantascienza richiamano l'oniricità straziante del Michel Houellebecq de “Le possibilità di un isola”.
Ma come ci riguardano personalmente i personaggi di Cusa? Come ci appartengono, cosa dicono a noi di noi stessi?
Le loro, come le nostre, sono vite illegali percorse da una rivolta carsica che per paura ci rifiutiamo di comprendere e guardare in faccia. Ci riguardano perché essi al pari di noi definiscono una nuova categoria sociologica tornata al mondo in questa fase drammatica e convulsa del capitalismo ormai alle prese con un'agonia senza fine.
Come i personaggi di Cusa, siamo tutti alle prese, spettatori o protagonisti, con uno spaventoso processo di mobilità sociale in discesa, investiamo in formazione, in cultura, in promozione sociale di noi stessi ma non abbiamo una scena su cui esercitare e far valere ciò che sappiamo; siamo “troppo ricchi per rinunciare alle nostre aspirazioni ma troppo poveri per poterle realizzare”.
Come noi i personaggi di Cusa si chiedono: ora che siamo ciò che siamo, come possiamo essere altro da ciò che siamo?
In queste vite illegali vige un principio che paradossalmente è dell'aristocrazia: di soldi non si parla mai! Dalla capacità di farne a meno si misura il nostro status, siamo condannati ad una povertà circondata da abbondanza di merci.
Questi argomenti non sono certo in modo diretto quelli dei personaggi della raccolta ma costituiscono il brodo di coltura in cui sono immersi, del resto sappiamo dal Marx de “L'ideologia tedesca” come: ...la produzione di idee, delle rappresentazioni artistiche, è intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini...le rappresentazioni, i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono come emanazione diretta del loro comportamento materiale...
E forse ciò che lega Cusa ai suoi personaggi non è troppo distante da ciò che lega il Duca Jean Des Esseintes, protagonista di Au rebour di K. Huysmans, al giovane povero Auguste Langlois: nel romanzo il Duca accompagna regolarmente il giovane sottoproletario, povero in canna, nel più costoso bordello parigino pagandogli raffinatezze lussuriose che il ragazzo mai avrebbe immaginato, alla domanda della maitresse Madame Laura sui reali motivi di tanta munificenza, la risposta del Duca sarà un perfetto progetto di rivolta: "sto semplicemente costruendo un assassino".
Elio Gimbo
Recensione di "Wet Cats" per ΔΙΣΚΟΡΥΧΕΙΟΝ / VINYLMINE - il:2017-09-27
GIANNI LENOCI, FRANCESCO CUSA: Wet Cats [Amirani]
Ο 54χρονος Gianni Lenoci είναι από τους σημαντικούς, σημερινούς, ιταλούς πιανίστες-αυτοσχεδιαστές. Είναι δε, φρονώ, γνωστός και στην Ελλάδα, αφού έχει συνεργαστεί σε παραστάσεις και στη δισκογραφία με τον Σάκη Παπαδημητρίου και την Γεωργία Συλλαίου (άκου, ας πούμε, το “Nosferatu A Monopoli” από το 2005). Έχουμε γράψει κι άλλες φορές στο δισκορυχείον για δίσκους στους οποίους συμμετέχει ο Lenoci και τώρα έχουμε ακόμη έναν.
Αυτή τη φορά ο ιταλός μουσικός, που χειρίζεται πιάνο, προετοιμασμένο πιάνο και ξύλινο φλάουτο, συνεργάζεται με τον ντράμερ Francesco Cusa, σε μια σύνθεση για πιάνο-κρουστά (βασικά). Λέω «μια σύνθεση», επειδή υπάρχει ένα μόνο κομμάτι στο άλμπουμ, που διαρκεί σχεδόν 52 λεπτά.
Είναι ολοκληρωμένο αυτό που παρουσιάζουν οι Lenoci και Cusa. Έχει συνοχή, εκπλήξεις, αλλαγές, ειρμό και συνεχείς αυτοσχεδιαστικές περιδινήσεις, που κάνουν «εύκολη» την παρακολούθησή του. Φυσικά, κάτι τέτοιο οφείλεται κατά πρώτον στη φαντασία και το ταλέντο του Lenoci, που ξέρει, χρόνια τώρα, να «τραβάει» απ’ όλο το σώμα του πιάνου ξεχωριστά ηχοχρώματα, ενώ και ο Cusa, που συνοδεύει με διαφόρων ειδών μπαγκέτες, είναι πάντα «εκεί» έτοιμος να ανταποκριθεί στις απαιτήσεις ενός τέτοιου ντούο. Έτσι, λοιπόν, σε μια σύνθεση που ξεπερνάει τα 50 λεπτά, την “Wet cats”, δεν είναι… παράλογο να συναντήσεις μέρη κάπως πιο συμβατικά (με τη μελωδική γραφή να ακολουθεί minimal κατευθύνσεις), περάσματα που να έχουν εντός τους τη δύναμη του rock (περί το 25ο-26ο λεπτό) και βεβαίως φάσεις ήπιες, χαμηλών τόνων, με πιο σαφή ρομαντική διάσταση.
Όλα αυτά εν σειρά σ’ ένα άλμπουμ ελεύθερο και μελετημένο στον ίδιο βαθμό.
Recensione di "Wet Cats" per "Avant Music News" - il:2017-09-27
AMN Reviews: Gianni Lenoci & Francesco Cusa – Wet Cats [Amirani AMRN052]
41EEaFYzc2L._SS500Wet Cats is a single, nearly hour-long improvisation by Italian musicians Gianni Lenoci and Francesco Cusa. Lenoci, whose background includes studies with Paul Bley and Mal Waldron, plays piano and prepared piano and a bit of wood flute at the very end, while Cusa plays drums. Although they are an ensemble of only two, they fill out a broad spectrum of audio space partly by virtue of the nature of their instruments and partly by virtue of their intelligent playing. Lenoci is sensitive to the piano’s percussive qualities as well as its coloristic effects. He’s capable of taking the music into surprising places, shifting smoothly from agitated, abstract atonality to romantic or bluesy implied chord progressions. Cusa’s drumming is energetic when drive is needed and restrained when the music takes a reflective turn. He is as capable of playing a free pulse beyond barlines as he is able to lay down a solid rock beat. The interaction between the two is assured and seamless; given the quality of their collaboration it comes as no surprise that Lenoci and Cusa are able to maintain a taut focus over the entire course of the performance.
http://www.amiranirecords.com
Daniel Barbiero
Recensione Jaruzelski's Dream per sightsong - il:2017-09-27
Jazz Gawlonski:
Piero Bittolo Bon (as, smartphone)
Stefano Senni (b)
Francesco Cusa (ds)
「ジャズ・ガウロンスキー」とはアルトサックスのピエロ・ビットロ・ボン(PBB)を中心としたグループ名であり、おそらくは、イタリア出身のジャーナリスト・政治家にしてポーランド語も堪能であったジャス・ガウロンスキーの名前をもじっている。そしてタイトルは、『ヤルゼルスキの夢』。ヴォイチェフ・ヤルゼルスキはポーランドの政治家であり、かつてレフ・ワレサの政敵として民主化を弾圧もした。
・・・というような仕掛けがあっても、それはおそらくは言葉遊びなのだろう。関係があるとすれば、苛烈な攻撃、それからアイロニー。
PBBのアルトは確かに何者かに対して苛烈であり、手を緩めずにずっと攻め続けている。ときにロリンズやドルフィーを思わせる瞬間などあるが、そんなことは関係ないと言わんばかりに力技で最後まで攻め吹く。シニカルで哄笑的にも感じられる。
●ピエロ・ビットロ・ボン
ピエロ・ビットロ・ボン(Lacus Amoenus)『The Sauna Session』(2012年)
ピエロ・ビットロ・ボン『Mucho Acustica』(2010年)
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4 miglior batterista italiano secondo i JAZZIT AWARDS 2016 - il:2017-09-19
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