Mia recensione de "“La Grande Bellezza”, di Paolo Sorrentino 9,5
“La Grande Bellezza”, di Paolo Sorrentino
La grande bellezza è un film che verrà compreso appieno tra qualche decennio. Per molti aspetti siamo di fronte ad un'opera originalissima, ad un canto lirico di rara delicatezza, edificante per le coscienze cagionevoli e moribonde di questa epoca di decadenza surreale. La scelta della città eterna, in questo senso, non può essere casuale. Roma si staglia nella preziosissima fotografia di Luca Bigazzi quale incanto disumanizzato: una gigantesca scenografia su cui far volteggiare la macchina da presa, incommensurabile sfondo alla narrazione degli sprazzi di vita di Jep Gambardella. Siamo distanti dalle periferie pasoliniane di Mamma Roma e Accattone. Servillo è la maschera attoriale perfetta di un dandy da salotto, e dunque gironzoliamo dalle parti di Flaubert, Proust e compagnia bella. L'ambito di questo film-romanzo è quello di una recherche multidirezionale che transita attraverso gli orditi di uncalembour visivo preziosissimo, con una cura del sonoro quasi maniacale (Lele Marchitelli). Un'opera sinestetica, solo apparentemente "felliniana", giacchè il tema dell'estremo struggimento è quasi ottocentesco, "viscontiano". Jep Gambardella, questo Des Esseintes del nostro tempo globalizzato, esprime nella sua rinuncia la poesia estrema del piacere edonistico, la vacuità dell'essere de-strutturato, l'impiccio dello stare al mondo (eccezion fatta per quei rari momenti di assoluta bellezza che si impongono alla miserabile commedia umana quali lampi di congiunzione inverosimile con l'homo naturalis, nel paradosso dialogico e dialettico della vita salottiera ed urbana). In questo senso la figura della Santa, lungo la portentosa parte finale del film, assume ruolo catartico nella funzione connettiva della trama; "la povertà non si racconta, la si vive" è la frase che delimita l'universo poetico del film, nel rigore della scelta (non importa quanto vana), nella ricerca delle radici ed alla fin fine di un decoro formale che poi, nel caso di Jep, è anche costrutto intimo, ricongiunzione con il proprio passato. Ciò fa de "La Grande Bellezza" un'opera rigorosa e severa, e di Jep Gambardella la versione sofisticata di Tony Pagoda, nell'inversione morale dei codici che purtroppo sfugge agli osservatori superficiali. Opera corale e complessa, ma dotata alla fin fine di quel tocco di leggerezza che strugge e commuove, ad ogni angolo, negli straordinari tramonti, per le penombre di stanze vuote ma ricche di capolavori occultati. Nella cura maniacale di ogni inquadratura, Sorrentino evidenzia il paradosso di tanta magniloquenza e bellezza in contrapposizione al vuoto siderale di certe vite. Lo straniamento di una città à la De Chirico, priva di traffico, quasi aliena, trova risvolti nei sabba danzerecci, nelle festicciole volgari, un costante andirivieni fatto a misura del tempo scaravoltato di Jep: si va a letto quando tutti si alzano e ci si sveglia quando gli altri tornano dal lavoro. Verrebbe da ribadire che "hanno tutti ragione", non fosse per quel dolce, struggente scivolare della macchina sulle acque del Tevere e sui titoli di coda. "La Grande Bellezza" Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Carlo Verdone, Carlo Buccirosso, Sabrina Ferilli, Pamela Villoresi. continua» Drammatico, durata 150 min. - Italia, Francia 2013. - Medusa. Uscita: martedì 21 maggio 2013.
Seguimi!
PLAY MUSIC!