MIa recensione d “Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores (4)
“Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores
POCHE SEQUENZE DA RICORDARE, IL RESTO SCIVOLA VIA COME IL CAMPARI NELL'UGOLA DEL BROKER
Niente da fare. Anche qui sentiamo il tintinnio del ghiaccio e osserviamo l'olivetta vagolare nell'aperitivo milanese delle diciannove. Salvatores è riuscito nell'impresa di farci stare più che in Siberia a Cinisello Balsamo. Ovviamente parliamo di sensazioni, chè gli ingredienti - neve, freddo e saune - in questo "Educazione Siberiana", tratto al noto libro di Nicolai Lilin, ci sarebbero pure tutti: lupi inclusi.
C'è sempre questa patina didascalica, questo indicare e mostrare col ditino, che alla lunga prostra e annoia, una sottile ma costante richiesta di attenzioni volta ad evidenziare i salti e i rimandi esemplificativi della sceneggiatura rispetto alla complessa trama del romanzo. Poche sequenze da ricordare, il resto scivola via come il campari nell'ugola del broker (con la stessa urgenza insomma di chi ha la testa sia alla fettina che al brasato). Mettersi a caccia del segnale gps nel Deserto del Sinai potrebbe avere qualche chances di riuscita maggiore rispetto alla ricerca di pathos ed emozione in questo film: zero patata si diceva un tempo.
L'unico risultato meritevole che Salvatores riesce a ottenere è quello di lasciarci allo scandaglio dei particolari. In questo appassire di trama e divenire filmico infatti ci si concentra piuttosto su suppellettili, sfondi, giochi di luci. Cominciamo ordunque a detestare l'inesorabile smorfia con la "boccuccia" di Malkovich, sempre la stessa ad ogni film. Il problema è che quest'uomo sembra sempre in procinto di mangiare una ciliegia, anche mentre lancia un piccione in aria o spara a un cane... grande attore per carità, ma se siamo così affetti da acribia maxillo-facciale è tutta colpa di Salvatores e del suo torpore.
IN BUONA SOSTANZA, UN FILM SENZA CAPO NÈ CODA.
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