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La mia recensione de “LA PALERMO MALE”: L’Apocalisse secondo Vincenzo Profeta. P

2021-06-26

La mia recensione de “LA PALERMO MALE”: L’Apocalisse secondo Vincenzo Profeta. Per Cultura Commestibile

“LA PALERMO MALE”: L’Apocalisse secondo Vincenzo Profeta.

Il libro di Vincenzo Profeta è un “oopart” nel mondo della letteratura, un artefatto che non trova una collocazione letteraria plausibile, un testo corrotto che funge da virus inoculato con finalità patogene nel mondo salottiero e politicamente corretto dell’arte italiana. “La Palermo Male” è una sorta di portale letterario che conduce il lettore, tramite un processo di catabasi, alla discesa dell’anima nell’Ade della plastificata società dei consumi, là dove s’annida la mitologia del contemporaneo, fra le piaghe purulente dell’informazione e della cultura di massa.
Siamo così di fronte a pagine in cui è scritto tutto ciò che pensiamo e che non osiamo dire, e come scaraventati a forza nelle regioni della manifestazione panica dell’Osceno, dell’Osceno a-storico, immanente, carsicamente operante nel “Teatro di Sabbath” della Palermo del Terzo Millennio.
Profeta, artista di nome e di fatto, è scrittore del flusso, una sorta di Joyce- De Sade del nostro tempo pandemico che infarcisce di refusi la sua prosa (non sappiamo quanto volontariamente) con una violenza somma che pare avere come primo obiettivo proprio quello dell’attentato al linguaggio. Si è così investiti da un muro di blasfemia, strutturalmente concepito per determinare la futura catarsi, la risalita dal Regno dei Morti che condurrà la nuova umanità ai confini della ragione, in direzione di una nuova metamorfosi che sarà il prodotto dalla fagocitazione dell’episteme da parte della gnoseologia.
Eccola dunque l’Apocalisse, avanza invisibile per le strade d’una Palermo popolata da divinità fenicie che divorano pane e panelle, percorsa da zombie, giornalisti corrotti, reietti dalle menti plagiate dall’MK ultra, satanisti, erotomani e tossici che paiono fuoriusciti dall’epicentro luciferino della Cocito-Ballarò.
Non è una lettura facile, ma è una lettura necessaria e devastante che rimanda a certe “fatiche” della “Nouvelle Justine”. La caotica prosa, permeata dalla reiterazione ossessiva dei codici semantici che contraddistinguono l’apologia della folgorazione del martire e del rivoluzionario, assume i connotati del meta-linguaggio e produce un iper testo trasposto sul piano bidimensionale della pagina che si “apre” al ventaglio di una chiave interpretativa allegorica posta sui diversi piani della percezione sinestetica.
”La Palermo Male” è uno di quei libri che occorrerebbe leggere di nascosto, sbirciando senza essere visti, come accadeva un tempo, pervasi da un sano e romantico rossore. Siamo di fronte al Peccato, alla sua somma valenza che rende tutti noi colpevoli e assuefatti all’orrore descrittivo delle cronache: nessuno si salva, se non si redime l’intera umanità.

Francesco Cusa