Recensione de IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO di Yorgos Lanthimos (9)
IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO di Yorgos Lanthimos (9)
Accogliamo con gioia il ritorno del cinema alle sua origine surreali e visionarie grazie a questo pregevole ultimo lavoro di Yorgos Lanthimos. Finalmente un film che non “spiega”, che si muove sul piano “distorto” che governa le esistenze (e dunque tra realtà e assurdo), un film in cui il sonoro è parte attiva e non “colonna sonora”, elemento imprenscindibile della narrazione, come nei migliori capolavori kubrickiani e hitchcockiani, e in cui spiccano i graffi acustici di Ligeti, Raettya ecc.
Lanthimos violenta ripetutamente il connotato formale di tutta l’estetica borghese penetrando fino alla radice più profonda dei valori intimi della nostra civiltà, ne estrae il celato mefitico nettare per trasformare il mito in carnale cronaca. Per compiere tale operazione si serve del messaggero oltremondano per eccellenza, dell’avvento dell’ennesimo Angelo Sterminatore. La grandezza del regista di “The Lobster” sta tutta nel non preparare didascalicamente lo spettatore, il quale vive lo straniamento della trama con la stessa immediatezza del “disturbo sonoro” che giunge a mordergli le orecchie dell’anima senza preavviso. Come al solito non faremo cenni alla trama se non per qualche indizio pregnante.
Agli esorcismi della scienza, ai disperati tentativi del chirurgo Steven Marty/Collin Farrell di salvare i figli dall’anatema della divinità impersonata dall’adolescente Martin, occorrerà far fronte (in pura tradizione cinematografica di matrice "à la Von Trier") con l’officiarsi del rito e della celebrazione del sacrificio come atto espiatorio.
Lanthimos non conduce lo spettatore con mano, non indica un percorso edificante: apre squarci sull’essenza brutale della Realtà che si decompone e frammenta a seconda della prospettiva, dell’opportunità e della necessità. Ecco la razionalità cedere il passo e lo scettro della sua stessa superstizione, alle superne vie dell’Osceno che (ri)prende a governare le sorti delle discendenze “striscianti”, dando “visione” ai non più deambulanti, conferendo al padre il carattere biblico del giustiziere-strumento dell’onnipotenza.
Così il chirurgo ritorna a essere stregone e la medicina torna a essere onnipotenza della scienza esoterica.
Nella splendida fotografia de “Il Sacrificio del Cervo Sacro” si inscrivono pagine memorabili di puro cinema, di arte visionaria e dialettica feroce.
Un film che rimane a pulsare per giorni, come lo squarcio sul cuore aperto della meravigliosa scena iniziale.
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