Recensione di: “Loro 1” di Paolo Sorrentino (4), a cura della rivista CULTURA CO
Recensione di: “Loro 1” di Paolo Sorrentino (4), a cura della rivista CULTURA COMMESTIBILE.
- In definitiva un film volgare. Volgare per l’utilizzo grezzo del materiale simbolico, per la maniera didascalica con cui vengono trattate le forme e i contenuti, e per l’uso parossistico della citazione: in altre parole, un pessimo esercizio di stile. Inutile dilungarsi sulla trama del film: si parla del grottesco del berlusconismo e della decadenza di un mondo che trova il suo acme nel fatidico anno 2006.
Paolo Sorrentino è un regista che, dopo i brillanti esordi, sembra aver “smarrito”, la via, vittima com’è del suo stesso estro che col tempo si è fatto bolso, petulante marchio di fabbrica (a nostro avviso a partire da “This Must Be The Place”). In questo ennesimo, ridondante lavoro, Sorrentino commette un peccato mortale, ovvero quello di realizzare un film trash su una tematica già mostruosamente trash quale quella della weltanschauung del “Banana”. La qual cosa potrebbe anche essere derubricata nell’ambito del personale gusto, se non fosse che in noi è ben vivo il sospetto che tale poetica non sia realmente frutto di una “scelta di campo”, ma piuttosto il portato del cattivo gusto di tutto il recente cinema del regista de “La Grande Bellezza”.
Il film vivacchia stancamente, mortificato da una colonna sonora che oramai ha stancato chiunque, fra trovate ed effetti da videoclip (l’intero party in piscina è una risibile scopiazzatura di “Spring Breakers” di Harmony Corine), fino all’avvento dell’ennesimo straordinario Tony Servillo nei panni del Silvio nazionale.
Proprio la natura di questa operazione è rivelatrice della puerile strategia del regista, del suo “compitino”: l’avvento del Servillo-Berlusconi è la classica discesa in campo del fuoriclasse che risolve la partita. Solo che il cinema non è una partita di calcio, e non si vince nulla giocando in questa maniera. Così “Loro 1” finisce con l’appiattirsi con aderenza gravitazionale alla forza coercitiva dell’originale, divenendo caricatura secondaria della caricatura prima e somma, scimmiottamento della Grande Scimmia, de-localizzione periferica d’un epicentro. La realtà di quegli anni (e di questo contemporaneo) è infinitamente più “filmica” di questo supponente tentativo di “canzonamento del grottesco”, e Sorrentino cade nella trappola cedendo alle tentazioni della storicizzazione, che viceversa è ancora, drammaticamente, brutalità della cronaca. Così il grottesco del Reale, dell’Italia-partito-azienda, finisce col destabilizzare l’ingenuo mascheramento dell’opera, imponendosi rispetto alla sterile giustapposizione delle “viseità” messe in ballo. Il cerone sul volto del Berlusca, l’oscena danza delle olgettine, il tempio kitsch del Bagaglino, la sarabanda del Telequiz. il collant sulla telecamera, rappresentano la quintessenza del magistero dell’Osceno che si fa corpo elettorale e macchina attoriale, il trionfo del pessimo gusto che non può essere “messo in scena” senza un gioco di adeguate contromisure, pena la realizzazione di un film del genere. Ci sarebbe, forse, voluto il surreale taglio d’un Bunuel, o quantomeno la pratica di una banale “inversione” per trattare adeguatamente una tematica del genere, così come per fare un film su Ed Wood occorre essere quantomeno dei Tim Burton.
Infine occorre ancora sottolineare la bulimia dell’utilizzo degli effetti, sempre a ridosso del “sensazionale”, sempre a rimarcare un autocompiacimento paesano, da ala destra all’ennesimo inutile dribbling, e ancor più la grevità d’un’estetica che contribuisce a infastidire, a molestare la visione di un film vuoto che ambisce a ricondurre all’Altro (ai “Loro”) le tematiche del “Noi”, dei veltroniani “I care”, d'una poetica che è tanto più figlia di quel mondo che si ostina a denunciare.
PS Viste le premesse, ci risparmieremo la visione della seconda parte, a breve su tutti i principali schermi italiani. #loro1 #paolosorrentino #cinema #francescocusa
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