"Diaz" Regia: Daniele Vicari (8,5)
Noi italiani certo cinema lo sappiamo ancora fare. Ci riferiamo al filone del film inchiesta, genere di cui vantiamo importanti maestri come Francesco Rosi e Carlo Lizzani. Daniele Vicari, regista tra i più apprezzati delle nuova generazione ci offre un documento sconcertante sui ben tristemente noti accadimenti della scuola Diaz, all'indomani della morte di Carlo Giuliani. Il film è un vero e proprio pugno nello stomaco, che scuote e lascia davvero attoniti. Si prova una profonda vergogna, un senso di impotenza frammisto ad imbarazzo e sdegno. Sarebbe un film consigliabile per le scuole, non fosse per l'alto livello di violenza contenuto nelle immagini: fisica, ma soprattutto morale, nel seguito davvero sconcertante alla caserma Bolzaneto. Si fa quasi fatica ad accettare che questa sia la storia recente del nostro paese, e davvero si toccano dei momenti di indignazione intollerabili (mirabile la scena con la tv che rimanda le immagini delle patetiche giustificazioni dell'ex premier Berlusconi dopo gli sconcertanti eventi). Un vero e proprio film-inchiesta che attinge a piene mani dalla cronaca giudiziaria senza concedere sconti: crudo e netto, come i colpi inferti dai celerini sulle carcasse inermi di giovani e vecchi. Uno di quei pochi film che inducono alla riflessione, un'opera in grado di azzerare lo scarto di un decennio e di catapultarci nello scottante vissuto di quell'estate terribile. In questo senso, anche lo sguardo alieno sulla città - una Genova negata, nascosta e blindata che tanto ricorda la Napoli occultata di "Le mani sulla città" - è il segno connotante del regista, che pare voler celare gli scampoli di bellezza laddove a regnare sovrano è solo l'orrore. La "zummata" kubrickiana sulle Cinque Terre assolate e radiose, mentre l'autobus accompagna i "prigionieri", è forse l'unico squarcio di speranza concessaci. Da vedere senza alcuna remora.
Francesco Cusa
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