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Francesco Cusa - Official Website - Recensione di "Lo chiamavano Jeeg Robot" di Daniele Mainetti (8,5)

Recensione di "Lo chiamavano Jeeg Robot" di Daniele Mainetti (8,5)

2016-03-10

Il cinema italiano contemporaneo esprime una delle sue più rare perle in questo “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti (importanti contiguità ci sono con l'ottimo "Deathpool", anch'esso in sala in questi giorni). Finalmente un approccio che riesce a distaccarsi dalle stucchevoli autorialità à la Salvatores, cinema vissuto, contrastato, che mira direttamente allo stomaco di noi famelici innamorati da sala. Film forte, avvincente, scritto con sapienza, che si nutre del contesto romano per nevrotizzare i codici di genere. Periferie degradate, storie di delinquenti e spacciatori, di bande rivali, di lotte per il territorio, di criminali di bassa manovalanza. Questo lo scenario in cui muove la storia di Enzo Ciccotti (un ottimo Claudio Santamaria) che durante un inseguimento entra in contatto con delle sostanze radioattive depositate sul fondale del Tevere, secondo il più classico dei leitmotiv da supereroe. La trasformazione, i super poteri, condurranno Ciccotti verso un riscatto, un’illuminazione sofferta e travagliata, talmente annunciata da risultare grottesca, ai confini della comicità surreale. E Tor (Thor) Bella Monaca diventa la Gotham City “de noantri”, sorta di Far West urbano privo del professor Shiba, della Regina Himika, semmai col popolo Yamatai, qui rappresentato dalle milizie dello spaccio e del narcotraffico, sempre pronte a porre fine all’ideale di un progetto amoroso e di riscatto. Il mito di Jeeg e di Hiroshi è dunque preservato da Alessia, ragazza violentata e con disagi psichici, vera memoria storica che fugge dal terribile quotidiano vivendo la perenne visione della serie della “Toei Animation”. Lei si trasformerà in principessa e darà a Ciccotti la possibilità di convertirsi e dedicarsi alla funzione salvifica degli abitanti dell’Urbe. In questo senso la prova di Ilenia Pastorelli è talmente carica di espressività da ricordare quella di certe nostre antiche dive, assieme a quella di Luca Marinelli, alias "Lo Zingaro", superlativo "Joker de borgata”, che simboleggia il grottesco glamour del nostro immaginario anni Ottanta, fatto di comparsate a “Buona Domenica”, canzoni di Zero e Anna Oxa.
Un film che apre in confini di un nuovo filone di cinema italiano, con pochi riferimenti alla pur nobile tradizione nostrana di parodie di supereroi d’oltreoceano, quali “Arriva Dorellik”, “I fantastici 3 Supermen”, “Superargo” ecc.