La mia recensione di: "Babadook" (7)
L’eccessivo entusiasmo da parte di cinefili e critica nei confronti di questo discreto film di impostazione classica, mostra quanto poco rimanga al cinema di genere, sempre più vassallo di ambiti fecondi quali quelli del mondo videoludico (mi viene in mente “Bloodborne”, ultimo splendido gioco targato “From Software”).
The Babadook
Ok, siamo di fronte ad una favola nera ottimamente girata, con due pregevoli attori – la madre, Amelia, una camaleontica Essie Davis che ricorda molto (senza scimmiottarla) la Mia Farrow di “Rosemary’s Baby”, e il portentoso fanciullo Samuel, Noah Wiseman,- ma troppo smaccatamente kubrickiana nel taglio delle scene, con riferimenti che alla lunga risultano ridondanti (dai, la porta presa a calci, no!). Aggiungiamoci una spruzzata à la Friedkin de L’”Esorcista”, e qua e là un po’ di Mèliés, e la minestra è servita. Intendiamoci: questi sono dettagli da inquadrare nel complesso di una bella storia che sta come sospesa a metà tra il thriller psicologico e l’horror, e dunque il film va visto perché fa il suo effetto, grazie a un magnetismo ed a una cura per il dettaglio che di questi tempi paiono merce rara. Ma da qui a spellarsi le mani, insomma, ce ne corre.
Innanzitutto perché “Babadook” è figlio di una morale borghese, contingente, immolata alla febbricitante causa del male addomesticabile, la medesima che fa montare le plafoniere alle Tenebre e mettere la museruola al Tremendo, relegando negli scantinati della psiche tutto ciò che minaccia la finzione del campare. Il riferimento a “Psyco” poi, è evidente nella tripartizione dei luoghi della Casa: Inconscio/Rimosso=Scantinato (il luogo delle apparizioni del marito defunto e dove prenderà poi definitiva dimora Babadook), Io/Razionalità=Pianterrreno (vera e propria stazione di fuga, del tempo scandito dalla televisione, dell’immaginario quotidiano e tollerato), Super Io=Primo piano/Camera da letto (Il luogo della manifestazione, della sostituzione mostruosa della figura maschile dominante: dal marito a Babadook). Ciò per parafrasare Zizek.
Siamo agli antipodi, si capisce, rispetto alla Loggia Nera di Lynch, transito pericoloso per l’iniziato, via obbligatoria che non tollera mediazioni di sorta, omeopatiche ricette e patti scellerati tra umano e sovrasensibile. Cinema di frontiera, nel vero senso del termine, in bilico tra il Bello e lo Stucchevole. Rimarrebbe da delegare il tutto a una lettura didascalica delle vicende, magari venata da chiavi di lettura a macchia di leopardo (è la psicosi della madre? è la solitudine del rapporto simbiotico? è la bipolarità del figlio? ecc.), cosa da cui fuggiamo via a gambe levate per non
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