Recensione Francesco Cusa & The Assassins LOVE a cura di Olindo Fortino per Soun
DISCHI
Di Olindo Fortino
FRANCESCO CUSA & THE ASSASSINS
Love
Improvvisatore Involontario, 2015
Love
Francesco Cusa dovrebbe essere clonato e moltiplicato. Ce ne fossero tanti di più come lui, la scena jazzistica nazionale sarebbe se non migliore almeno varia e spassosa. Provocatore e sobillatore come pochi, il batterista e compositore catanese resta un “dropout” imprevedibile e imprendibile, pungente e sarcastico nella parola come nella musica. Guidato da un’estetica spesso surreale e grottesca, dove opinione e fantasia creativa non trovano limiti di sorta, Francesco Cusa riprende con “Love” il discorso iniziato da “The Beauty And The Grace” (2012). Nuovo il disco e rinnovata, anzi ampliata, anche la formazione del progetto The Assassins, ora un quartetto che oltre al leader, a Flavio Zanuttini e a Giulio Stermieri (subentrato a Luca Dell’Anna) ingloba il bravo Cristiano Arcelli nel ruolo che sul precedente disco vedeva ospite Piero Bittolo Bon.
Sette composizioni, tutte firmate da Cusa, dove la musica è un pretesto logico e (in)cosciente per frullare insieme scrittura e improvvisazione e offrire un cocktail sonoro che mira all’alterazione dei sensi. Tracce quali Escher e Intricate Corvai conducono subito ad effetti collaterali che incrinano e forzano il groove frastagliato di fondo con temi armonici e soluzioni ritmiche che molto devono alla corrente Mbase newyorkese e al dub visionario e lisergico di Bill Laswell quand’era in combutta con Toshinori Kondo. La ricetta di Cusa arreca tuttavia tratti originali nell’osmosi tra il suono dell’hammond e gli effetti elettronici, tesi a sondare abissi intergalattici e trasfigurare in più di un’occasione le evoluzioni della tromba di Zanuttini, fino a trasformare la musica in un “thriller” metropolitano che precipita e collassa nel “nonsense”.
Le figurazioni poliritmiche di Cusa cingono in modo energico e serrato un discorso strumentale spesso votato a trasformare un’ovvia formula funk-electric jazz (dove inevitabili sono i rimandi alla lezione davisiana) in qualcosa di alieno e ultradimensionale, qualcosa che ricorda anche certi azzardi riusciti a meraviglia a un signore chiamato Rob Mazurek. La parte migliore e più avventurosa di “Love” è però nei suoni di tre magnifici pezzi posti uno dietro l’altro: Oslo, Wrong Measures e The Act Of Killing Music. Euforia, eclettismo e fantasia allo stato puro. Suggestioni cinematiche che si scontrano con ipotesi ambient, space music, hard boiled, fusion, free noise, elettronica, dub, psichedelia, blues, post-rock e post-bop. Un turbine di note, accordi e ritmi che scardinano convenzioni e tradizioni, un beffardo affresco di indisponenza stilistica che coglie miracolosamente nel segno. Come dire: nevrosi, follia e urgenza come cura e antidoto alla piatta quotidianità. L’assurdità è invece nel duplice epilogo di Ending 1 e 2, drone-ambient jazzisticamente dilatata e schizofrenica. Sarebbe piaciuta anche al compianto Daevid Allen. Cento e mille di questi Cusa.
Voto: 8/10
Genere: Avant Jazz
Musicisti:
Cristiano Arcelli- alto sax
Flavio Zanuttini – trumpet, electronics
Giulio Stermieri – hammond, keyboards
Francesco Cusa – drums
Brani:
01. Escher
02. Intricate Corvai
03. Oslo
04. Wrong Measures
05. The Act Of Killing Music
06. Ending 1
07. Ending 2
Links:
Francesco Cusa
Improvvisatore Involontario
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