SPECIAL PRICE STORE
Francesco Cusa - Official Website - LA MIA RECENSIONE DI: "SADE PROSSIMO MIO" ideato e diretto da Giuseppe Carbone e

LA MIA RECENSIONE DI: "SADE PROSSIMO MIO" ideato e diretto da Giuseppe Carbone e

2015-03-28

LA MIA RECENSIONE DI: "SADE PROSSIMO MIO" ideato e diretto da Giuseppe Carbone e Nicola Costa ,TEATRO PISCATOR di Catania, SAB 14 MARZO 2015:
- Mettere in scena Sade è sempre un evento. Tanto più oggi, in questa espressione geografica chiamata Belpaese, così ridotta a provincia fin nelle sue più elevate istanze da rasentare il paradosso. In “Sade prossimo mio”, di Nicola Costa e Giuseppe Carbone, è evidente fin dalla definizione della rappresentazione quale sia l’intento, peraltro espresso in maniera paradigmatica dalla parte testuale scritta da Carbone, che funge da prologo e canovaccio alla dirompente sapienza chirurgica dei testi del Divin Marchese. I locali fatiscenti del Teatro Piscator poi, paiono immettere significanti ulteriori alla poetica del grottesco, con le scarne ambientazioni a sigillare lo spazio espressivo entro una guaina palazzinara di grande suggestione. E così, foderati di Disadorno, finalmente possiamo compenetrarci in un carnaio: i registi hanno la lungimiranza di concepire le scene in un unico quadro composto dalla foresta oscillante dei corpi - flora e fauna antropomorfizzate,- vibranti di vita e lussuria, a imitazione dell’indefesso baccanale orgiastico operante nel regno di Natura. Diciamoci la verità: rappresentare Sade è ancora "scandaloso". A noi pare che il testo di Carbone sia fondamentale proprio nella sua peculiare aderenza alla poetica sadiana, giacché egli intuisce che è nella stessa forma del proporre Sade che si dà lustro a ciò che di Sade è sepolto dalla nosologia borghese di “sintomo”, cioè tramite lo scatenarsi della mattanza, della macelleria orgiastica, insomma, dando spazio alla “jouissance” di carnefici e vittime. Tutto fuorché stilizzazioni insomma e per fortuna! E’ ancora una volta, “bunuellianamente”, compito dell’artista è quello di attentare all’ordine borghese costituito: nient’altro che questo il dovere da compiere, che senza non si dà arte, né teatro, semmai pantomima estetica, significazione sterile. Questo nell’immediato contingente, ovvero da qualche secolo a questa parte, per intercettare la deriva del Significante e con il beneplacito di gente come Brecht. Sade, nella sua conclamazione, vive ed opera nella carne e nella materia, non altrove, irrompe "ex nihilo" sull’esistente: è ciò che accade in “Sade Prossimo Mio” senza tanti fronzoli, e la cosa ci riempie di imperituro piacere. La danza dei corpi annuncia il martirio della Virtù, e va in scena il grottesco, il giogo lampante della parodia nella parodia, della semiosi illimitata del segno-teatro che restituisce densità al vuoto. Il mostro diventa (è) il teatro che, nella sua sostanza incarna la Cosa, l'Alien, la farsa anatomica, la morte del testo, la presenza inerte, la materializzazione del terrificante; in una parola, la pornosofia (“Io so come ammmorbare tutto ciò che è sacro”). Carbone e Costanzo non fanno nulla per addomesticare la Bestia, anzi, la scrittura scivola via come plasma, apre le porte alla tortura come grimaldello che dischiude i cancelli del Paradiso (cos’altro era il martirio se non via pornografica alla santità?). Su tutto la mano distratta del Demiurgo-Carnefice. Davvero ottime le prove degli attori, particolarmente efficaci le maschere espressive, le mimiche facciali in questo continuo fluttuare di glutei, seni e membra. “Come si può amare ciò che non si conosce. Immersi in una fede che non esiste?”. Chapeau. (Francesco Cusa)