Mia recensione di "Jersey Boys", di C. Eastwood.
Altra bellissima pagina di cinema regalataci dal cineasta americano. E’ la storia di “Frankye Valli e dei Four Seasons“, gruppo icona degli anni Sessanta negli States della giovinezza di Eastwood. Siamo di fronte a quella che sembrerebbe essere una commedia musicale incentrata sulle vicende della storica band americana. Ma il nostro Clint riesce sempre a sorprendere. In “Jersey Boys” i toni sono certamente smorzati; le storie di gangster e malavita – quella italiana del New Jersey di quegli anni – vengono edulcorate nel miele delle canzoni del quartetto. Eppure una sottile e tesa corda, esile come un filo di capello, pare vibrare senza sosta per tutta la durata del film. E’ una inquietudine che sovrintende ai fatti. E’ la malinconia, lo spleen di Clint, ed è il suo cuore a palpitare. E’ la sua rappresentazione del momento storico dei “Four Seasons”, delle loro canzoni e dell’immaginario collettivo di un paese oramai distante. Lo straordinario finale, meraviglioso affresco corale, musical nel musical, ha i colori struggenti delle melodie che si rifrangono sugli zigomi duri del cowboy, del duro che abbiamo imparato a conoscere, dapprima come attore poi come regista. C’è una scena stupenda, in cui Frankye spegne la tv, mentre danno un film con Clint Eastwood. E’ la cesura, la fine di un’epoca, del mito che va consumandosi mediaticamente, nel suo farsi e liquefarsi. C’è molto di Sergio Leone in questo omaggio alla band, nella poesia intima che anima il film piuttosto che nello script o nelle tecniche di ripresa. La musica dei Four Season è l’ideale colonna sonora che lavora in contrasto: musica così distante dal nostro contemporaneo da risultare sublime e struggente. I balletti del gruppo sono la danza tenera di un benessere puerile, primordiale, di un mondo che si affaccia alla società dei consumi, che muove i primi incerti passi verso una crisi generazionale che si consumerà in un decennio. Ed in fin dei conti è anche un po’ la nostra storia, dell’immaginario di noi italiani e della nostra mitologia americana. Quanta distanza però tra i nostrani “Teddy Boys”, rimproverati da Tognazzi negli anni Sessanta e questi piccoli gangsters dai capelli impomatati e dalle voci nasali e da castrati. In questo contrasto, tra malavita e melodia, misuriamo lo iato volgare che caratterizza la nostra realtà italiana, nella prossimità del concetto di “neomelodico” e nella contiguità di questo contrappunto tra orrore e melòs che spacca in due (soprattutto al Sud) la nostra società. I Four Seasons sono invece il canto di un’epoca, di una enorme nazione che tributa la poetica dei bassifondi con la celebrazione della leggenda. Profondo, magico, poetico Clint. Jersey Boys Un film di Clint Eastwood. Con John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda, Vincent Piazza, Christopher Walken. Biografico, durata 134 min. – USA 2014. – Warner Bros Italia uscita mercoledì 18 giugno 2014. - See more at: http://www.lapisnet.it/il-magazine/jersey-boys-di-clint-eastwood/#sthash.8qs7CZLM.dpuf
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