Recensioe di “Nymphomaniac Vol 1″ di Lars Von Trier (10)
“Nymphomaniac Vol 1″ di Lars Von Trier
I grandi artisti, i grandi registi parlano ad ogni uomo. Non sono catalogabili. Il loro è un linguaggio universale, intelligibile a chiunque. Innovano nell’armonia, sono iconoclasti nel superamento necessario delle vecchie forme. Sono espressione della tradizione in movimento. Così per Chaplin, Kurosawa, Leone, Scorsese, Kubrick. Di quest’ultimo, a mio avviso, Lars Von Trier è l’erede, per analogia forse più che per prossimità, per spessore e densità, per montaggio e inquadratura, per rapporto tra immagini e colonna sonora: in definitiva, nell’affabulazione.
La gamma intera della sfera emotiva, il grottesco, il patetico, il comico, il tragico, il patologico, l’effimero, il durevole, il bello, tutto viene messo in scena in questo racconto in chiave autobiografica, storia narrata da una ninfomane, microcosmo che racchiude il senso intimo della vita: patologia sacra, simulacro di verità, iato insolubile.
E dunque:
la similitudine – il parallelismo con il trattato di pesca seicentesco;
la destrutturazione di ogni ideale “borghese” amoroso;
l’umiliazione, il senso di colpa – degli altri: “non si può fare una frittata senza rompere le uova. La mia era una dipendenza da lussuria non da bisogno“;
il non giudizio, l’accettazione, la non condivisione - ”la dipendenza porta a volte ad una totale mancanza di empatia“;
la solitudine, nel percorso catartico da compiere;
la “terribilità” dell’ordinario;
il trauma rigettato, lo scardinamento d’una qualsivoglia prospettiva analitica al di fuori del surreale simbolico;
la desolazione (ad es., durante l’anestesia propedeutica ad un’operazione occorsa nell’infanzia), ovvero la consapevolezza del varcare una soglia nell’assoluto vuoto, il familiare come mascheramento, inganno;
l’esautorazione d’onnipotenza delle figure genitoriali attraverso il patetico;
l’assenza della figura materna, il distacco dall’apologia del matriarcale, la fallocrazia del clitoride;
il riferimento al “delirium tremens” come componente conoscitiva – Poe e “La Rovina della Casa degli Usher”,- la recisione del legame paterno;
l’ansia, l’orrore dell’oscurità, il collasso del sistema circolatorio e il perdurare del panico e dello stato paranoide, il delirio pre-mortem;
la perdita del decoro (incontinenza-esautoramento-amore panico) - ”quando morì mio padre non avevo più sentimenti. Fu davvero vergognoso“;
l’orgasmo simbolico alla morte del padre quale sigillo, il limite del corpo da valicare;
l’antipsicanalisi;
l’antisionismo;
la ninfomania come somma polifonica d’amanti – Bach, – Jerome, l’amore come terza voce o “cantus firmus”, il nastro interrotto, la melodia spezzata – “non riesco a sentire niente“;
la delegittimazione della speranza;
la passeggiata come iterazione quotidiana, ripetizione indefinita del dettaglio.
Potremmo continuare ancora, e molto, dunque ci arrestiamo. Il cinema straordinario di Von Trier è sublimazione del didascalico, parabola, sapienza medievale, illustrazione nell’evidenziazione, alchimia sensoriale al suo livello estremo. Il regista si prende gioco della stessa macchina-cinema, utilizzando tutte le tecniche di divulgazione di massa, a partire dai social network, determinando così un circuito perverso in fieri, provocando una reazione in chi non ha mai visto il film, né mai lo vedrà. (La recensione continua nella seconda parte del film).
“Nymphomaniac Vol 1″
di Lars Von Trier
Con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf…
VM 14 - Drammatico - durata 110 min. – [Danimarca 2013]
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