Mio articolo per la rivista "Cultura Commestibile" - "Occhio per occhio dente pe
"Occhio per occhio. Dente perdente". "Uffici postali. Uffici comunali. Carta e penna. Penna e carta. Scrivere indirizzo, cap, codice fiscale. Scrivere con la manualità degli addetti alle perforazioni. Non sapere più scrivere. Non viene bene la S. Non viene bene la R. File. Numeretti da prendere. Ovunque regna il Burocrate, Flagello Grigio e Signore delle File. Uggiose giornate padane. Mattinate in cui bisogna andare a "sbrigare delle faccende". Occorre esserci, nello splendore dell'epoca dell'accredito su conto corrente, evocare il trisavolo amanuense. Alcune sigle mettono particolare soggezione; la più temibile, quella per cui mi si stringe il cuore è: TARSU, scarnificata divinità vendicatrice dal corpo di cassonetto e gli arti di monnezza. Comunque sia, col mio paltò zuppo entro all'interno di edifici lugubri, manicomiali. In lontananza, scorgo lei, la bufalotta con la faccia da scamorza, questa creatura nata per crocifiggere l'ideale e relegarlo entro ambiti d'una funzionalità meccanicistica, dalle parti delle regioni dello zerbino. Lei aspetta me da decenni, convergiamo insieme in questa conica, in questa sezione di vissuto centellinata dal Paracelso dei Catasti e concepita dalle Moire eoni or sono. Una fila interminabile, ma lei vuole me, lo so da tempo, dal tempo in cui mi apparve in sogno, nell'incubo del '75, dopo l'indigestione di paste guaste. Reggo con pollice ed indice il Filo di Arianna. E' il mio turno, dopo eterna, interminabile attesa. - Le invormazzzioni le doveva prendere sul sito che ci sta a ffare il zito? - Lei è dizinformado. - No, nooo, no, deve combilarlo da un'altra parte che mi blocca la fila. - Non ce l'ha la penna? E qui una ce n'è. Che faccio dico alla zignora gentilmente che aspetta i suoi comodi che è senza penna? (Ride ai quattro formaggi) - Ma lei che fa il musicista? ah per guesto. ha sempre la testa fra le nuvole e non si rende conto che le regole sono regole. - Signor Comesichiama io non è che faccio l'avvocato? data e codice viscale ce l'ha messo/e-i? (Plateale, rivolta agli altri in fila) - Ma che è sto coso tutt scarobocchiato? ma secondo lei, me lo dica lei, un documento buò essere gompilato in questo moto? lo devi rifare daccapo (Teatrale. Facendo leva sull'impazienza degli anziani. Cercando di mettermi contro tutti). - Esca dalla fila.(Compassata. Autoritaria. Ferma). - Guardi che ghiudiamo se non si sbriga. (Minacciosa ma caritatevole, a suo modo materna). In un lampo. Io capisco. Comprendo. Realizzo. Si sente fica. Lei, la scamorza antropomorfa, si sente donna, si sente affascinante. L'inflessione nella voce, il tono suadente, mellifluo concentrato in quel: "se non si sbriga". E' il momento della vendetta. Della mia personale vendetta, unica, somma, intima. Straccio il foglio, oscenamente, in faccia alla burocrate. Stupro il fac-simile, lo violento. Lo riduco in brani. Pezzetti. Pezzettini microscopici, sempre più piccoli. Mi infilo in bocca il tutto. Mastico e sputo in terra. Siamo soli, io ho perso un'ora. Tu, Caciotta mia, ne hai guadagnata una nella tua personale ascesa all'Empireo delle Competenze. Mi hai umiliato, te, tutta ufficetto e poltroncina. E io riduco in brani il simulacro del tuo magistero, il Documento Perfetto, ora che era bello che compilato, scritto come si deve, grazie ai tuoi consigli dati con disprezzo. Diciamolo: ai tuoi consigli del cazzo. Tu non puoi capire, non intendi, non reputi accettabile una simile modalità. E' la forza del gesto irrelato, del mio anarchico rigore. Spreco energie, minuti, attenzioni: vanifico e relativizzo la tua logica. Nullifico il costrutto con un atto sacro. Ora ti guardo fisso entro quelle palle che tu chiami occhi, mentre con influssi mesmerici inoculo in te il virus, mentalmente iterando il mantra dell'entropica dissoluzione dei corpi: TARSU, TARSU TARSU. Uscire fuori e respirare smog come fosse aria prealpina. Dio ha il volto di Messner.
Seguimi!
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