Mia recensione de "La Venere in Pelliccia" di Roman Polanski. (9)
Vi sono registi in grado di realizzare un film con due attori in scena in uno spazio chiuso.
E questo è il caso di Roman Polanski. Vi sono film che hanno il compito di connettere l’uomo alla sua più recondita pulsionalità.
E’ il caso di questa trasposizione cinematografica della pièce teatrale di David Ives, ispirata al romanzo di Masoch.
Poche scene e siamo già avvolti nelle suadenti spire della vicenda, nello spazio indefinito del teatro in cui va in scena l’eterno gioco di specchi che ha come protagonista Severin/Thomas (il romanzo si ispira al celebre dipinto di Tiziano, “Venere allo specchio”).
L’intermittente inversione dei ruoli, lo scettro del dominio, l’irruzione del quotidiano, la terrificante e ancestrale sovranità del Mito, paiono essere i tratti salienti del film. Vanda, simbolicamente personificazione di Venus, si presenta con fattezze volgari ed irrompe in scena con la repentinità della burrasca. E’ il meticciamento della divinità, come da tradizione ellenistica, la sua irruzione nella sacralità del tempio (il Teatro) attraverso modalità rozze e superficiali. Ma è nella grevità dei modi, nelle sbavature del trucco che comincia a farsi strada la nobiltà della lussuria, lo sconcio e il proibito. Da qui in avanti il rapporto tra canovaccio dell’opera e Reale si instaura in un processo sempre più dialettico avente come fulcro il continuo detournement dei personaggi che potrebbe rimandare a certo Pirandello, al contempo essendo però centrale la tematica del trionfo dell’eterno femminino, che alla lunga prevarrà nel processo di esautorazione del maschio.
La contrattualistica, la Legge di Von Masoch, che per Deleuze è strumento di dominio più potente dell’Istituzione nel sadico (“Il Freddo e il Crudele”), insomma, gli “strumenti dell’uomo”, vengono in questa straordinaria, ulteriore trasposizione dell’opera, come a polverizzarsi, nella celebrazione dell’Uno, della divinità sterminatrice, del sacrificio finale alle Baccanti.
Polanski (e Ives) restituisce all’arte lo scritto di Von Masoch sottraendolo alla psicologia, alla relazione, al contesto contemporaneo (sempre Deleuze: “La sua opera cadde nell’oblio nel momento stesso in cui il termine assunse l’uso corrente”), trascendendo (finalmente!) la miseribile zoologia pulsionale entro la quale era stato relegato.
Come una contemporanea Shakti, Venus utilizza l’arte, il teatro per ritornare allo spirito, alla non-dualità del Kashmir, in cui l’uomo e la donna son espressione del divino nell’abbraccio sensuale del Tantra.
L’urgenza del sadico e la sospensione del masochista appaiono, con la conclamata irruzione della divinità, quali mere coordinate, tòpoi del nostro universo parcellizzato, dunque null’altro che flebili segnali antropomorfi destinati al sacro fuoco del Divenire.
La Venere in in Pelliccia
Un film di Roman Polanski. Con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric Titolo originale Venus in Fur. Drammatico, durata 96 min. – Francia, Polonia 2013. – 01 Distribution uscita giovedì 14 novembre 2013.
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