Mio articolo per la rivista "Cultura Commestibile" - "Un crociato dal kebabbaro"
Stomatologia di Allah. "Tutti questi Kebab non li posso più sopportare. Nelle notti cittadine, con la frequenza delle cagate dei piccioni sulle grondaie, s'ode la stridula voce degli studenti zucconi: "Oh che si fa. Si va dal kebabbaro?". E vai con questo ammasso di carni a gonfiare il fagotto, e le cascate di cipolle rosse e salse maledette. La variabile con aggiunta di patatina costringe poi nostro Signore a provvedere, nelle notti pregne di miracoli silenziosi, d'ulteriori mutazioni genetiche il nostro apparato digerente. Ed eccomi ovviamente dal "kebabbaro". Siamo da Mustafà, come a dire nel regno del saraceno, in un evidente e forzato stato di melting pot che ricorda solo vagamente "Huis Clos" di quel gran furbone di Jean Paul Sartre. E Mustafà c'ha tanto di baffo, che sa di califfato, tappeti volanti e pantofole con la punta all'insù. Il mio corpo eterico vibra e tira giù la catena karmica del mio gabinetto animico: un tempo siamo stati acerrimi nemici, lo sento. Io, crociato alla volta di Gerusalemme, caro Mustafà mio bello, ti ordino tra poco di servire un soldato di Dio, nel lungo viaggio che sto affrontando per riprendere le mie croci. Sono il terzo della fila. Osservo una ragazza snella, con degli stivaletti perfetti e il nasino all'insù che afferra con le sue belle affusolate mani una sorta di ordigno commestibile. Due lembi di pane arabo tostato possono contenere, in sintesi: a) flora, nomi, animali e cose b) l'intero disegno d'Allah, c) il progetto-natura squadernato nella sua minituarizzazione d) tracce di vita marziana. Lo si sa. Ma ciò che sconvolge ogni parametro di decoro e continenza è quel sorriso, atroce preludio alla masticazione. La dolcissima fanciulla, figlia dell'Eleganza e della Grazia, sorride un istante prima di spalancare le fauci e di trasformarsi in una creatura di Kubin. Il conseguente scardinamento della mandibola consente a Bel Culetto di afferrare la preda in una sorta di "Mordi e Suggi", un gioco di prestigio dell'addentatura che mi lascia in uno stato di deliquio paragonabile a quello di Madame Bovary. Voglio quello, amico fraterno Mustafà...uguale uguale...sì...quello di Bel Culetto. Mustafà mi sorride; bastano pochi cenni, quelli sufficienti a risparmiarmi lo strazio di eventuali scelte di salse, di aggiunte e di quant'altro. Adesso ho una creatura in mano. Mi sovviene la poesia "Memento" di Ugo Tarchetti. Io non posso, non posso, non posso. Apro il cassonetto delle immondizie e con fatica da body builder mollo dentro il bambino con tutto l'incartamento. Sono una madre disgraziata. In più mi sento in colpa per Mustafà, che tanta cura aveva impiegato per la realizzazione dell'Ordigno Perfetto. Giace in un cassonetto delle differenziata un kebab. Bel Culetto/Bello Stivaletto non si è ancora trasformata. Ha divorato il cibo di Allah in pochi istanti. Adesso nutre di cipolle la lingua del suo ragazzo, in uno scambio salivare corroborante la laringe. Io attendo la Trasformazione. C'è freddo. Una panchina. Non mollo. Non succede nulla. Mustafà chiuderà molto tardi. E' una sconfitta su tutti i fronti. I piccioni continuano a cagare. L'intero mondo si nutre di guano". Francesco Cusa. (Bologna nov 2013)
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