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Francesco Cusa - Official Website - Mio articolo per la rivista "Cultura Commestibile" - "Il jeans macerato sotto le

Mio articolo per la rivista "Cultura Commestibile" - "Il jeans macerato sotto le

2013-11-04

E’ una sera in città. Sabato. Esco. Devo uscire. Non è possibile che io mi perda ciò che accade “in giro”. Basta. Non posso chiudermi sempre in un cinema. Devo andare fuori. Nei pub. Bere la birra al bancone e abbordare qualche ragazza, come nei film. Chiudo la porta di casa. Pochi passi ed eccomi in un finto pub irlandese. Mi sono vestito troppo pesante. Ho caldo. Ma perché ho messo questo pullover nero? Questa dannata mezza stagione…che uno non sa mai come vestirsi: o c’è troppo freddo, o c’è troppo caldo. Nuclei. Gruppetti. Donne e uomini. Ragazze e ragazzi. Come si fa? Come mi debbo comportare? MI siedo su un trespolone. Faccio finta di essere preso da mille pensieri. Metto in scena la parte di “me che ha avuto una giornata di lavoro in ufficio terrificante”, anche se non lavoro in ufficio e la mia giornata è stata abbastanza gradevole. Qualcosa non torna. Dovrei avere un impermeabile nero e grondare per la pioggia presa fuori. Per essere credibile in questo ruolo vissuto. Ma oggi c’era un sole che spaccava le pietre e il cielo di stanotte pareva quello mostrato dal telescopio Hubble. A me viene una certa rabbia quando vedo certe donne. Soprattutto quelle tracagnotte, biondine e con le cosce muscolose. MI piacciono da impazzire. Ad esempio, ora ne vedo una vicino alla porta del bagno. Ha un bel sorriso. Si bacia con un uomo insignificante, uno col cavallo del pantalone basso. Uno col culo piatto. Il jeans è macerato sotto le scarpe. Una cosa inconcepibile che distrugge ogni armonia praticabile. Adesso sono senza una speranza. La donna che amavo, la biondina tracagnotta sta con quello.Saranno trascorsi un cinque minuti. Un tempo notevole. Sempre più assorto nel mio bicchiere di birra - non avevo per niente voglia di birra ma di Coca Cola, - appoggio i gomiti al bancone. Sono un padre di famiglia con la moglie in crisi. Senza casa. Costretto a dormire in hotel. I figli stanno con la madre. Mi ci vorrebbe una sigaretta, anche se non fumo (oltre a non essere né padre, né marito, ma questo è secondario). Niente. Nessuna se ne accorge. Che a me serve una sigaretta che mai fumerò. Ma come è possibile? Ok. Faccio un giretto. Mettiamoci a captare i discorsi: “…amente cretina! Lascia”. “No”. “…tornare a casa che sono senza chiavi”. “…ahaha”. “ Un gin tonic e due mohito!”. “…scema…ahi…no…hahaha”. “…hahahaha…”. “…ornata da Francoforte ora perché aveva perso la coincidenza”. “…tu che voti i grillini allora?”. “eeeehhh…eehh”. “hahahaa…sceeemo..sceeemo”. “…ssaggio tu al ritorno?”. “…ndiamo al Diesel che c’è…”. “…”. Un ragazzo rutta. Una ragazza si mette a ballare senza musica. Ho bisogno di aria. Di vecchi. Di vecchi decrepiti. Di respirare vecchiaia. Datemi l’anchilosato. “Venghino” a me i morenti, con lo sguardo vuoto verso un Eden di speranza. M'accolga l’ospizio e il silenzio del refettorio, il rantolo della notte, l'arrancare nel sonno ospedaliero. Quanta pace nella giuntura che scricchiola, nella consapevolezza del riposo, eterno, a dispetto di questo sabato del villaggio ottuso, con le rose e le viole del clandestino. Fiore che non marcisce. Marciscono i fiori in sul calar del sole.