Recensione del cd "Sonata Islands" su Drumset - il:2014-02-11
Recensione FRANCECCO CUSA "Vocal Naked" per Jazzit - il:2014-02-11
Articolo su mio workshop a Firenze e concerto con The Assassins - il:2014-01-21
Naked Musicians: Francesco Cusa mette a nudo l’arte della sperimentazione musicale
Freddie Villarosa, uno dei personaggi mitologici della scena musicale fiorentina, ha detto di lui: «Ė uno dei più incredibili devastanti batteristi italiani». E, se lo dice uno che mastica pane e musica dal mattino alla sera, c’è da fidarsi… Ma non è facile definire Francesco Cusa, batterista, compositore produttore discografico e scrittore nato a Catania nel 1966: si potrebbe parlare della sua laurea al Dams di Bologna, dei suoi quasi trent’anni di carriera, del collettivo bolognese Bassesfere di cui è co-fondatore, dei festival internazionali dove ha suonato, dei musicisti di tutto il mondo che hanno collaborato con lui, delle musiche che ha composto per film, teatrali, letterari, di danza e arti visive, collaborando con noti ballerini, poeti e visual performers, dei mille progetti musicali che porta avanti, del suo lavoro di scrittore di novelle e di critico cinematografico per la rivista Lapis, e di titolare dell’imperdibile rubrica settimanale Il Cattivissimo per la rivista toscana Cultura Commestibile…si potrebbe parlare di tutto questo, ma ancora non si riuscirebbe a cogliere del tutto la portata del talento di questo eclettico e instancabile artista.
Che adesso porta tutto il suo bagaglio di esperienze – e che bagaglio!- a Firenze. Sabato 22 e domenica 23 febbraio 2014 infatti sarà lo stesso Francesco Cusa a presiedere un evento unico nel suo genere, che a Firenze non si è mai visto: al Combo Social Club (in via Mannelli 2 ) andrà infatti in scena Naked Musicians, un workshop sull’improvvisazione aperto a tutti i musicisti, di qualsiasi estrazione ed età, per cui non é richiesto alcun tipo di preparazione specifica.
Chi può essere interessato? Tutti gli strumentisti, i cantanti jazz, rock,pop, con formazione classica o non, a qualsiasi livello: tutti quelli che vorranno sperimentare un approccio ‘’compositivo’’e strutturale applicato alla libera improvvisazione musicale. Il fine sarà quello di creare un organico stabile e finalizzato alla realizzazione di progetti e produzioni originali quali sonorizzazioni di film, realizzazioni di colonne sonore per video e documentari, concerti ecc… Si tratta di una vera e propria composizione istantanea a più mani, in cui possono scontrarsi e sovrapporsi moduli ritmici di richiamo minimalista, tribalismi percussivi o vocali, puntillismi astratti, fraseggi jazzistici, elettronica (live-processing), sample di partiture contemporanee o citazioni da juke-box nazionalpopolare.nakedm3
E, dopo due giorni intensissimi di workshop, dalle 10 alle 19, la sera del secondo giorno chiusura in bellezza con il concerto di Francesco Cusa assieme il suo gruppo The Assassins,e poi a seguire jam aperta dai partecipanti.
L’improvvisazione e’ un diverso modo di intendere lo stato dell’essere in opera, che ha come fondamento la spontaneità e la fantasia: Cusa è un vero maestro, e questo rende il worshop ancora più imperdibile per i veri amanti e studiosi della musica. Una formula innovativa, ma collaudata: Francesco Cusa ha condotto questi workshop anche in altre regioni italiane e all’estero presso alcune prestigiose università. Ma per Firenze è la prima volta: grazie all’impegno di Cristina Italiani (flautista e performer di musica creativa di livello internazionale che ormai a Firenze è di casa) di Filippo Crudetti, studente del Dams, e di Liberamenteventi (associazione no profit di Vania Calabri e Andrea Bernini) la nostra città ospiterà quello che è un evento unico e da non perdere, autogestito e senza sponsor da altre istituzioni. Anche a Firenze qualcosa si muove ogni tanto…
DANIEL C. MEYER
nakedm2INFO
Chi è interessato a partecipare al seminario deve lasciare nome cognome, numero di telefono,mail e deve dire anche se è cantante o se è strumentista. Se è strumentista specificare cosa suona. Verrete presto ricontattati. Gli estremi devono essere lasciati su mail a nakedmusicians1@gmail.com
Recensione Try Trio per La Luna di Alfonso - il:2014-01-04
La Luna di Alfonso
Jazz, Progressive e altre musiche
ARCHIVIO PER IL TAG “FRANCESCO CUSA”
03
GEN 2014
Try Trio – Sphere (2013)
cusa
Improvvisatore Involontario – 2013
“Sphere”, un titolo immediato ed eloquente per il Try Trio, che qui si mette in gioco con una rilettura personale di alcune delle celebri pagine del grande Monk, alternandole con proprie composizioni istantanee.
Vista la premessa e il nome dell’etichetta sembra un’ovvietà, ma occorre dirlo: l’approccio è essenzialmente improvvisativo, i materiali tematici, pur chiaramente intellegibili, sono pretesto per lanciarsi in trame sonore ardite ma sempre coerenti, dove il vuoto che spesso il pianista e compositore afroamericano riservava ai suoi musicisti viene esplorato in maniera proficua, diventando stimolo a restare in bilico senza cadere; in ciò, il disco si mostra pienamente aderente allo spirito monkiano.
Ben lungi dalla etereità che caratterizza molte operazioni similari, il suono è corposo e sanguigno, innervato da uno swing a tratti evidente e talora sotteso, ma sempre efficace. Un progetto ben riuscito, che richiede opportuna attenzione e ripaga con una freschezza che spesso manca in tante produzioni di ben più celebrati epigoni di Thelonious “Sphere”.
Personnel
Nicola Fazzini – sax
Gabriele Evangelista – contrabbasso
Francesco Cusa – batteria
01. Almanacco del giorno dopo (Fazzini Cusa Evangelista) 4:00
02. Epistrophy (Monk) 7:11
03. Storie di rumori e groove (Fazzini Cusa Evangelista) 3:42
04. B. S. suck my balls! (Fazzini Cusa Evangelista) 3:17
05. Monk’s mood (Monk) 3:24
06. Bye-ya (Monk) 4:43
07. Usque ad sidera, usque ad inferos (Fazzini Cusa Evangelista) 2:36
08. Amore e cilindri (Fazzini Cusa Evangelista) 3:55
09. In walked bud (Monk) 4:11
10. I mean you (Monk) 6:16
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Recensione per Sonata Island a cura di Music From The Other Side of the Room" Reviews of Progressive Rock, Symphonic and Doom Metal, and mostly tributes". - il:2013-12-05
Sonata Islands - Sonata Islands Meets Mahler
Now, on my blog site, I do reviews on; Progressive Rock, Jazz Rock, Doom and Symphonic Metal. But this album has completely taken me by surprise that stretches into the world of both Jazz and Classical music that has suddenly rolled up into one. With a twist of the two genres along with Rock in Opposition and Avant-Garde, you know something strange and twisted is about to happen at the right time to get you ready for an Ensemble line-up.
I first became aware of Sonata Islands last year on an episode from Sid Smith’s Podcasts from the Yellow Room after hearing one of their tracks from the Altrock Chamber Quartet in which Emilio Galante founded, where they did an homage to the RIO genre called, Brachilogia 7 and it took me by surprise of hearing this. Hearing this bizarre surroundings of the string quartet, flute, and woodwind going through this resemblance of Frank Zappa and Ron Geesin, was something that had my eyes wide open and knowing this would take me into unexplored specialties.
And now they are going into the world of the late romantic period of Austrian composer, Gustav Mahler. He was controversial, a visionary, a creator, and an autocrat along with the forces that would come with it. He wrote 10 symphonies back from 1884 to 1910 in four major chords and six minors as well along with Lieder und Gesange, Das Klagende Lied, Ruckert Lieder, and Kindertotenlieder to name a few. And for Sonata Islands to challenge the music of Mahler, is a challenge and a big leap for them to walk on the tightrope on the composer’s arranging and composition that are demanding and intense. In this one, they take on Das Lied von der Erde (The Song of the Earth).
Now while I’m not crazy about Gustav Mahler’s work, this album is complex and compelling from what Sonata Islands has unleashed from beginning, middle, and right into the very end. The Ensemble considers; Giovanni Faizone on Trumpet, Emilio Galante on Flute and Piccolo, Achille Succi on Woodwind and Sax, Simone Zanchini on Accordion, Stefano Senni on Double Bass, Francesco Cusa on Drums, and Tommaso Lonardi on voice.
Kind of Earth starts with this ominous sound between Accordion, Alto Sax, and Piccolo as if you are walking alone in the lonely nights in the streets of Paris as it goes into the ¾ Jazz-Waltz while they go into various tempos as Achille Succi challenges Mel Collins and Lol Coxhill while the dramatic tension between Stefano Senni and Francesco Cusa goes into a climatic banging and crash as Senni creates this insane bass solo. And then, it goes back into the Waltzy dance with some different changes in the tempo as Succi just wails it out and then heads back into the darkness to close it off.
Von Der Schonheit is very much in the styles of the Rock in Opposition feel as if they are traveling back in time that begins with a joyous walk into the park done by Zanchini, Galante, Senni, and Cusa as if the setting is very relaxing and calm for the first two minutes before going into a chaotic mode with stop-and-go mode in different time signatures. It has this weird combination of Magma and Samla Mammas Manna while the opener, Das Trinklied, is very sensational and vibrant as the Ensemble just have a grand old time taking the sounds of both Avant-Jazz and Classical Music that just completely took me by surprise.
Non Mahler goes from different variations. From the insane, off the wall and free jazz experimentations for the first four minutes into a late ‘30s/’40s sound of the swing-era for a couple of seconds, the dualistic between Faizone’s homage to Miles Davis on the Trumpet and Achille’s insane solo on the sax and they would come up with some wonderful melody to get the rhythm of the beat going into the Brazilian bossa nova sound to close it out for a wonderful dance into the sunset.
The twisted Around Mahler, is back into the difficult time changes with some wonderful bass solo that is Senni is doing this in the style of Charles Mingus and Jimmy Garrison as a tribute to the two Jazz bassists before they go into this jaw-dropping tribute to the Bitches Brew-era while the ensemble gives Francesco Cusa a chance to shine as he goes into town on the drums by doing this crazy and brilliant drum solo. He is over the place and doesn’t stop a beat when hits the patterns as the band go into a frenzy as a finale.
Commiato, which closes the album off, has a mourning middle-eastern introduction before the woodwinds go into a frantic screeching noise from low to high as if they reached the highest note between Galante and Succi and they just go through various melodies. And then it goes from the trumpet and accordion solo done in the bluesy style before Zanchini’s Accordion going up the spiral staircase to go up as reaches and stops to take a break and then reaching the highest crescendo up to the top of the flights of stairs.
And then, it’s a trip to different parts of Italy as you walk through various monuments for the last three minutes as Tommaso Londari’s narration sets the tone for a wonderful trip into the dream and laid-back adventure that is a calming and relaxing end. I have listened to Sonata Islands Meets Mahler about nine times now and I just can’t put into words, but it’s one of the most mind-blowing, stimulating albums I’ve listened to. It’s accomplishes the music of both Jazz, Avant-Garde music, and Classical that is rolled up into one.
So if you are ready to travel into the world of Sonata Islands, be prepared and fasten your seat belts, because it’s going to be a journey you will never expect.
Recensione Try Trio per Musica Jazz - il:2013-12-04
Recensione Francesco Cusa Vocal Naked per Musica JAzz - il:2013-12-04
Intervista a Radio Svizzera Italiana - il:2013-11-20
Vocal Naked per Ettore Garzia - il:2013-11-20
Poche note sul jazz italiano (13° parte): voce
Una delle convinzioni della critica italiana jazzistica è spesso quella di credere che nell'ambito del jazz vocale non ci siano state evoluzioni di nessun tipo: la maggior parte degli appassionati, che ha letteralmente consumato i dischi di Ella Fitzgerald, Louis Armstrong, Carmen McRae, Lambert Hendricks & Ross e così via, tende a storicizzare il genere; in verità gli stessi a fatica sopportano tutto quello che la vocalità ha espresso dopo l'avvento del free jazz e di personaggi storici come Jeanne Lee, Jay Clayton e Lauren Newton; così come tende a sopravvalutare le tendenze post-moderne nel canto, quelle alla Bobby McFerrin per intenderci.
In verità anche in Italia, da molti anni, c'è una presa di coscienza sull'argomento, anche da parte degli artisti, che hanno avvertito il bisogno di una propria espressione non stereotipata e lontana da facili appannaggi di stile American-oriented: ma il vero problema è l'ambiente che circonda i gusti viziosi del nostro paese. In Italia vi sono ottime scuole di canto che tendono a preparare cantanti che possono svolgere solo funzioni limitate. Dal versante commerciale, organizzatori e produttori continuano nella loro miope politica di avversione a qualsiasi tipo di rischio costruendo una sorta di schiavitù del mercato che ha nell'aspetto discografico una delle sue più evidenti carenze: se da una parte i programmi televisivi e molte testate compiacenti continuano ad "edificare" il principio che il mondo della vocalità jazz sia solo quello di Mario Biondi, Nicki Nicolai, Mina o Paolo Conte (espressioni nobili del canto ma da vedere come una parte del tutto), dall'altra lo spazio è limitato, se non assente, per tutti i cantanti jazz che vogliono seguire un percorso diverso e moderno. Inoltre manca uno spazio commerciale alternativo "serio" per gli uomini, il che si ripercuote inevitabilmente sulla loro rarefazione discografica. Sebbene vi sia un costante impegno al miglioramento della qualità e alla modernizzazione da parte di alcune labels "minori" italiane, la situazione è ancora molto difficile e ben visibile nei palinsesti dei concerti.
Riprendiamo anche qui la nostra generica tripartizione che qui funziona molto bene: ci dividiamo tra cantanti che insistono sul lato tradizionale del jazz, altri che invece hanno una tendenza per così dire "avant-garde" ed altri impegnati in un jazz che travasa accenti etnici. Oggetto principale di questo articolo è poter aver un riscontro discografico immediato perciò, per ciascuno di loro e quando possibile, in parentesi ho indicato uno o più titoli dei loro cds più rappresentativi.
Nei tradizionali, oltre ai cantanti prima citati, e ai tanti che invero spesso si ispirano ad un modello piuttosto irriconoscibile di jazz-pop alla Norah Jones, vi sono alcune cantanti che sono delle vere e proprie stars riconosciute a livello internazionale: al momento vocalist come Roberta Gambarini (Easy love), Ada Montellanico (Suoni Modulanti), Cinzia Spata ('93-'03) sono cantanti raffinatissime, perfette dal punto di vista tecnico ed autonome per originalità; ma è una scena forse in via di evoluzione quella che risponde sostanzialmente al gusto degli standards jazz americani, dove tra le più giovani mostrano già maggiore maturità Chiara Pancaldi (The song is you) e Loredana Melodia (Sleepless), entrambe uscite su Dodicilune R., la label salentina che risulta essere una delle poche a curare questo settore con una valida selezione di cantanti e soprattutto di registrazioni. Tra gli uomini un sorvegliato speciale della critica sembra essere Matteo Brancaleoni (New Life), dotato di gran voce, ma non ancora maturo nel repertorio.
Passando alla platea dei cantanti con una più ampia apertura nel comparto improvvisativo e contemporaneo, si scoprono delle vere gemme: al riguardo si segnalano le registrazioni polarizzanti di due nostre etichette: la Silta R. e la Improvvisatore Involontario.
Per ciò che concerne la prima è qui che potete ascoltare alcune delle proposte più innovative che passano per le vie traverse del jazz: da Marilena Paradisi (Come dirti/ The Cave), una splendida cantante attiva nella sperimentazione vocale libera che incontra le vie di Scelsi e Hirayama; Rossella Cangini (Ferc: the trail of monologue con F. Elvetico) che mette in campo una forma "industriale" di jazz che cerca di ragguagliarci sui tempi; Silvia Pellegrino (Origine), che cerca di coniare una forma di vocalità in simbiosi osmotica con il corpo pur rimanendo nei limiti del jazz; Chiara Liuzzi (Elica) che è intenta a riprodurre le sensazioni alchemiche di un pittore; Anna Chiurco (Come il re di un paese piovoso in Anna Garano Trio) è il trait-de-union per unire vocalmente le ritmiche della musica e della prosa.
In seno alla Improvvisatore Involontario, Francesco Cusa ha formato il gruppo dei Naked Musicians (Vocal), una conduction ultramoderna ed ultra-rara per il nostro paese in cui orbitano una serie di eccellenti cantanti: Manuel Attanasio e Vincenzo Vasi e poi, Cristina Zavalloni (Idea o La donna di cristallo) affermatissima cantante diventata oggetto delle composizioni di Andriessen o Nyman, Marta Raviglia (The knight and his armour), Gaia Mattiuzzi (Laut), Cristina Renzetti (vedi dopo) ed Alessia Obino; affiliata all'etichetta siciliana è anche la cantante Annalisa Pascai Saiu.* La cosa strana ma eccitante al tempo stesso è che tutti questi cantanti percorrono (nelle loro rispettive carriere solistiche) sentieri diversificati.
Inoltre meritano una sincera segnalazione gli esperimenti beyond-jazz di estensione vocale con l'ausilio di elettronica di Patriva Oliva (Camusi) e le rielaborazioni dotte di Lisa Manosperti (Where the West Begins: Voicing O.C.) che fornisce un'ottima nuova chiave di reinterpretazione delle musiche di Ornette Coleman. Tra gli uomini si impongono le registrazioni di Stefano Luigi Mangia per la Leo R. (Painting on wood/Ulysses) che dimostrano come il cantante abbia un orizzonte molto ampio e diverso che va dal canto mongolo ed indiano alle forme non convenzionali dettate da Cage.
Nel settore "etnico" il nostro canto jazz ha delle vere e proprie istituzioni (direi purtroppo ancora poco riconosciute rispetto alla loro importanza): la napoletana Maria Pia De Vito (Triboh/Nel Respiro/Il Pergolese) che, partendo dai progetti di Nauplia, oggi può vantarsi di essere arrivata a delle forme di trasformazione sonora che persino migliorano impianti musicali storici di dubbia sensibilità emotiva; la siciliana Rita Botto (Donna Rita) e la sarda Elena Ledda (Live at jazz in Sardegna), cantanti tradizionali invero, ma con alcuni aspetti stilistici che le avvicinano al flusso improvvisativo del jazz.
Tra le più giovani forte è ancora l'influenza delle tematiche latine: tra le tante cantanti, le più mature sembrano Cristina Renzetti (Rigem o'giro), che abbraccia più zone geografiche e il jazz di Lisa Maroni (Intwoition), intrisa del buon sentimento carioca.
Nota:
*per ulteriori dettagli vedi il mio articolo "Trasversalità della musica e del canto: Francesco Cusa e Gaia Mattiuzzi"
Le puntate precedenti:
Poche note sul jazz in Italia: introduzione (prima parte)
Poche note sul jazz italiano: piano (seconda parte)
Poche note sul jazz italiano: i sassofoni (terza parte)
Poche note sul jazz italiano: tromba (quarta parte)
Poche note sul jazz italiano: trombone, tuba ed altri ottoni (quinta parte)
Poche note sul jazz italiano: chitarre (sesta parte)
Poche note sul jazz italiano: contrabbasso e basso (settima parte)
Poche note sul jazz italiano: batteria e percussioni (ottava parte)
Poche note sul jazz italiano: vibrafono e marimba (nona parte)
Poche note sul jazz italiano: clarinetto, flauto, fagotto, oboe, corno (decima parte)
Poche note sul jazz italiano: violino, viola, cello (undicesima parte)
Poche note sul jazz italiano: fisarmonica, armonica ed organo (dodicesima parte)
Diritti Riservati - Pubblicato da Ettore Garzia a 17:15
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Etichette: Free Jazz, Jazz
SKINSHOUT per Ettore Garsia - il:2013-11-20
Una delle etichette indie jazz italiane più sottovalutate, l'Improvvisatore Involontario, fondata dal siciliano percussionista Francesco Cusa, ha da tempo ospitato al proprio interno una filosofia musicale che è agli antipodi con le "normalità" del mercato discografico interno: se la stampa specializzata di settore se ne è occupata comunque rimarcando le specificità delle proposte dei musicisti, la cerchia degli organizzatori di spettacoli e i direttori artistici, sotto l'influsso della paura del rischio di flop, l'hanno indegnamente sottovalutata. E' la solita questione a cui siamo abituati purtroppo e che ha un substrato dimostrativo nell'assenza di adeguata educazione musicale, fattore che dovrebbe aver ben altri contorni ed essere migliorato partendo proprio dalla scuola dell'obbligo. Come lo stesso Cusa afferma, in Italia prevale l'intrattenimento ed è difficile la comprensione della complessa cultura musicale odierna, ma non si vede come si può migliorare se si lascia poco spazio a coloro che avendo preventivamente capito i risvolti negativi di quelle carenze, cercano di approntarne dei contributi con una ricerca quanto più ampia possibile.
Dovendo affrontare il mio atavico ritardo negli ascolti (non per mia colpa), dietro l'invito di Francesco ho cercato di anticipare l'ascolto dei suoi progetti, in vista anche di nuove produzioni discografiche appena pubblicate che penso siano di particolar pregio: tra le diverse proiezioni dell'artista, che si presenta piuttosto versatile sull'argomento (1), esplorando anche jazz, rock e colonne sonore, mi soffermo al momento solo sulla dimensione "vocale" ed "improvvisativa". In merito Cusa ha approntato un paio di collaborazioni (con relativa incisione), quella dei Skinshout, progetto variabile che parte da un duo con una delle migliori cantanti italiane, Gaia Mattiuzzi e si allarga al chitarrista Iriondo ed occasionalmente a due ballerini impostati tra tradizione e danza contemporanea (l'etiopico Melaku Belay e la messicana Jennifer Cabrera); l'altro, con formazione allargata a più voci libere, è quello dei Naked Musicians, in cui si realizza la sua "dilettantistica" conduzione (termine ironicamente da lui usato). Cusa penetra nella vocalità cercando di trarre un inedito connubio tra elementi diversi elaborando modelli stilistici del passato (2): c'è innanzitutto una passione per il recitativo e il teatro (in "Psicopatologia del serial killer" quest'aspetto era ben delineato), per le vocalità di vario genere, da quella classica (non solo per via del normale retaggio operistico delle estensioni di tonalità, ma anche in virtù dei percorsi contemporanei che hanno di fatto introdotto gemiti, ripetizioni senza significato, emissioni di suoni vocali involontari), a quella sperimentale (in cui un peso fondamentale è riservato alle nevrotiche sperimentazioni di Meredith Monk), da quella jazzistica (qui si va dal trio Ross-Lambert-Hendricks fino ai Manhattan Transfer) a quella para-jazzistica (il riferimento è alle emissioni simulatrici di vocalisti come Bobby McFerrin e similari); in "Caribbean Songs", un cd di brani ancestrali delle relative popolazioni dell'America centrale presi dai forzieri del musicologo Alain Lomax, gli abbinamenti tra il suo drumming che sembra rieccheggiare le antiche evocazioni dei fenomeni atmosferici e la voce di Mattiuzzi che incorpora dentro Berberian, Monk e Carmel sono disorientanti ed affascinanti al tempo stesso: un incursione nell'etnicità totalmente svincolata dal jazz, in cui c'è di tutto, persino una onomatopeica ricerca sul canto; "Altai", soundtrack per il libro dello scrittore Wu Ming, aumenta il raggio geografico della proposta, evidenziando ancor di più che attraverso la musica (fatta di percussioni implacabili e corde ricercate) e tutte le eccellenti sfumature umorali della voce della Mattiuzzi, si può arrivare ad una nuova capacità di rappresentazione, non imparentata necessariamente con una risaputa tonalità, ma che è moderna ed ugualmente carica di significato estetico. La dimensione improvvisativa è stata curata anche con un progetto pluridisciplinare che coinvolge voci, strumenti e danza: si tratta dei Naked Musicians, un collettivo scindibile nelle sue parti, che richiama per certi versi alla memoria le conductions di Butch Morris: Cusa interagisce con gli elementi fissando, attraverso gesti riconosciuti dagli artisti, ordini e priorità di esecuzione. Il recentissimo "Vocal - Naked Musicians", che prende in considerazione solo la parte vocale del collettivo, si muove nell'àmbito necessario di coordinate di insieme (un ensemble vocale di ordite proporzioni, vi troverete tra gli altri oltre alla Mattiuzzi, Manuel Attanasio, Marta Raviglia e Cristina Zavalloni) dove è possibile rintracciare gli acumi stilistici del leader (prima citati) al servizio di un potente lavoro di ricomposizione vocale dove poter far scorrere delle ironiche e brevi scenette su vicende, personaggi, ambientazioni che sono al limite del sarcastico, parzialmente accondiscendenti allo stile dadaista zappiano.
Rimanendo in tema di segnalazioni per Improvvisatore Involontario è da ricordare che Gaia Mattiuzzi ha recentemente pubblicato anche il suo primo cd da solista "Laut", un quartetto eccellente con Puglisi, Calcagnile e Senni, in cui tutto il bagaglio canoro formativo viene veicolato in un patchwork sonoro più vicino alle vestigia jazzistiche. Non è che il risultato sia inferiore, anzi è evidente ed utile scorgere ulteriori elementi di elaborazione oltre all'efficace duttilità della voce della cantante che rende improponibili i confronti: in presenza di uno sfondo smaccatamente jazzistico, la trasversalità qui si compie sulle fonti d'ispirazione e pesca in maniera indistinta nel mondo del canto, dal teatro di Brecht and Eisler all'oscurità dei sensi di Nina Simone, dalle Harmonie du soir di memoria Debussiana per sfrondare il tema di Baudelaire alle possibilità offerte dalle tradizioni (in questo caso ebraica e libanese), fino ad una disinibita reinvenzione della "The world feel dusty" di Copland.
Oggi sono oramai molti i canali con cui la vocalità si esprime, tuttavia gli esperimenti del gruppo di Cusa, che recentemente hanno potuto anche condividere le loro sonorità con il pubblico americano, mi sembrano unici nella loro autenticità e soprattutto vogliono rimarcare l'importanza del linguaggio orale e corporale rispetto a quello scritto.
Note:
(1) per un esame completo vedi http://www.francescocusa.it/bands.php
(2) "......io mi ritengo un tradizionalista più che un innovatore dal punto di vista dello "stile". Parto dal principio che non vi è nulla di "nuovo" da creare al momento, ma semmai da giustapporre...." Cusa in un'intervista di Enrico Bettinello su All About Jazz, maggio 2004
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